
"Sono sotto choc! Non ci credevo" ha detto María Corina Machado al telefono con il presidente eletto Edmundo González Urrutia dopo l'annuncio della vittoria del Nobel per la Pace. "Siamo rimasti entrambi scioccati dalla gioia ha aggiunto Questo riconoscimento è storico per il popolo venezuelano: significa che la nostra sofferenza non è più invisibile". Parole semplici ma cariche di significato: la leader dell'opposizione diventa il simbolo internazionale di una resistenza che, secondo lei, non è più sopportabile.
Subito dopo, Machado ha scritto sul suo account ufficiale di X che "questo immenso riconoscimento alla lotta di tutti i venezuelani è un impulso per concludere la nostra missione: conquistare la libertà. Siamo sull'orlo della vittoria e oggi più che mai contiamo sul presidente Trump, sul popolo degli Stati Uniti, sui popoli dell'America Latina e sulle nazioni democratiche del mondo come nostri principali alleati per ottenere la libertà e la democrazia. Il Venezuela sarà libero".
Costretta alla clandestinità dopo le elezioni del 28 luglio 2024 vinte da González Urrutia ma rubate dal presidente de facto Nicolás Maduro, che non ha mostrato una scheda elettorale con la complicità delle istituzioni tutte controllate dalla dittatura Machado respinge l'idea che la fine del regime possa generare un disordine peggiore dell'attuale. Intervistata da Idania Chirinos, giornalista venezuelana in esilio in Colombia, per il canale all news NTN24, afferma: "No, questi sono i discorsi ripetuti dal regime e dai pseudoanalisti che sostengono che ci sarà un colpo di Stato, perché il Venezuela non può esistere senza Maduro e il regime bolivariano. È falso".
La strategia dell'opposizione, assicura Machado, è "l'esatto contrario del caos seminato dal regime per mantenere il controllo con il terrore: porteremo trasparenza e responsabilità nelle casse pubbliche; recupereremo ogni centimetro di territorio; ristabiliremo l'ordine nella giustizia e nelle strade; cacceremo i gruppi stranieri irregolari che hanno invaso la nostra terra". La determinazione della Nobel per la Pace è rivolta soprattutto a smentire chi, fino a poco tempo fa, sosteneva l'impossibilità di una transizione: "Ora ammettono che siamo qui, siamo forti, che rappresentiamo l'ordine e la nazione che vuole offrire ai propri figli un futuro migliore".
Interrogata sugli Stati e gli apparati che sostengono il chavismo, Machado non nasconde il suo punto di vista: "Dietro Maduro ci sono alleanze con il Nicaragua, Cuba e la Russia, ma anche reti criminali transnazionali e terroristiche come il Tren de Aragua e il Cartel de los Soles". E ricorda come la forza del movimento che ha vinto le elezioni dello scorso anno sia nata dal basso: "La nostra forza è il popolo. Ricordate le primarie cittadine? Non avevamo risorse, ma la gente ha risposto in massa. Persone insieme a persone". E insiste: "Non abbiamo paura della libertà. I venezuelani garantiranno l'ordine, organizzeranno i conti pubblici, ristabiliranno l'autorità della legge e libereranno le nostre comunità dai gruppi armati. Daremo ai nostri figli un Venezuela di cui andare fieri".
Nel giorno del suo compleanno, il 7 ottobre scorso, Machado aveva evocato in un videomessaggio sui suoi social anche il filo spirituale che le dà forza: "In questo mese, mentre ci avviciniamo alla canonizzazione di Carmen Rendiles e di José Gregorio Hernández, ho ricevuto una preghiera da una sorella venezuelana: Tu sei tutta la forza, andiamo avanti; questo è un combattimento spirituale e andiamo mano nella mano con Dio fino alla fine'".
Per Machado, il Nobel per la Pace non è un punto d'arrivo, ma un mezzo per accelerare il cammino verso la democrazia del suo Venezuela. "È stato un viaggio molto doloroso, con tanto tempo trascorso nel deserto, ma abbiamo vinto tutte le battaglie.
Abbiamo stabilito che il Venezuela sarà libero e abbiamo iniziato a farlo sorridere di nuovo. Durante tutto questo percorso ci hanno detto che era impossibile, che temevano la libertà, ma li abbiamo sconfitti su ogni fronte".