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"Gara" del terrore tra Isis e Al Qaida

Il jihadismo africano continua a crescere e insidia Paesi finora solo sfiorati dalla minaccia

"Gara" del terrore tra Isis e Al Qaida

Jihadisti d'Africa crescono e continuano a colpire obiettivi soft, alla caccia di occidentali, in paesi fino ad oggi solo sfiorati dalla minaccia del terrore come la Costa d'Avorio. L'ultimo attentato simile è del 15 gennaio nella capitale del Burkina Faso con 30 morti, compreso un bambino italiano. L'attentato di ieri è stato rivendicato, come riporta Site, da Al-Qaeda nel Maghreb islamico (Aqmi), impegnato in una sanguinosa «gara» con le bandiere nere per non perdere terreno e dimostrare, che sono ancora in grado di colpire duramente gli infedeli. Costa d'Avorio e Burkina Faso confinano pericolosamente con il Mali, dove l'intervento militare francese del 2013 ha fermato l'avanzata dei gruppi armati del radicalismo islamico, ma non è riuscito a cancellare la minaccia. Iyhad Ag Ghali è l'«emiro del Sahel», leader del gruppo Ansar Addine (Difensori dell'Islam), costola tuareg del jihadismo in Mali, che si è alleata con Al Qaida nel Maghreb, storica formazione del terrore. Negli ultimi mesi l'emiro del Sahel ha minacciato, con tanto di video, attacchi nell'Africa occidentale puntualmente avvenuti. Non a caso l'attentato di gennaio è stato rivendicato da Al Qaida del Maghreb come «vendetta contro la Francia». L'aspetto paradossale è che il 25 gennaio l'ambasciata Usa in Costa d'Avorio aveva lanciato un preciso allarme «su un attacco terroristico imminente». Poi gli americani avevano fatto marcia indietro sostenendo che era «un falso allarme». In realtà i terroristi si stavano preparando e ieri hanno colpito. La Costa d'Avorio è una delle basi di partenza del contrabbando di droga, medicinali, prodotti farmaceutici e tabacco verso il Nord Africa, per un giro d'affari di 1 miliardo di dollari l'anno, gestito dalle milizie di Mokhtar Belmokhtar, signore della guerra e del terrore nel Sahel. Ex adepto di Al Qaida avrebbe stretto accordi con lo Stato islamico in Libia. La roccaforte sub sahariana del Califfato è la Nigeria con il sanguinario movimento Boko Haram (Occidente sacrilego), che attacca le chiese e massacra i cristiani. Dallo scorso anno i talebani neri hanno giurato fedeltà allo Stato islamico compiendo incursioni nel confinante Chad e Camerun. La minaccia jihadista si è espansa da anni verso il Corno d'Africa attraverso l'Uganda ed il Kenya raggiungendo l'epicentro somalo, dove imperversano gli Shabab (Gioventù), fedeli ad Al Qaida, ma con defezioni a favore delle bandiere nere. A Mogadiscio un centinaio di paracadutisti italiani sono in prima linea nell'addestramento delle truppe governative somale falcidiate da attacchi kamikaze. Il 6 marco un raid di droni americani ha ucciso 150 jihadisti somali a nord della capitale, che stavano preparando «un attentato in larga scala». Negli ultimi mesi dal Sudan, Nigeria e Mali è continuo il flusso di volontari della guerra santa verso la Libia, dove lo Stato islamico ha raddoppiato le sue truppe arrivando a 6000 uomini. La roccaforte libica delle bandiere nere non è l'unica minaccia africana per l'Occidente. Non a caso il 12 febbraio è scattata l'esercitazione antiterrorismo Flintock promossa dall'Africom, il comando strategico americano per il continente nero. Nelle manovre sono stati coinvolti 1700 militari di trenta paesi africani ed europei compresa l'Italia.

L'obiettivo è migliorare la cooperazione internazionale contro i gruppi jihadisti proprio nell'Africa occidentale colpita ieri dall'attacco terroristico sulle spiagge della Costa d'Avorio.

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