
Migliaia di palestinesi hanno iniziato venerdì la lunga marcia dal sud al nord della Striscia di Gaza. Gli uomini portavano borse, le donne i loro piccoli e i bambini più grandi si tenevano per mano mentre percorrevano la polverosa strada costiera verso le rovine di Gaza City, da cui avevano ricevuto l'ordine di fuggire settimane prima. A piedi, in bicicletta, in camion o in carretto, diretti a nord, mentre altri sono tornati alle macerie delle loro case a Khan Younis, nel sud dell'enclave palestinese.
Sono almeno 500mila le persone rientrate. "Torniamo a casa nonostante la distruzione, l'assedio e il dolore. Siamo felici anche se vediamo solo ruderi", racconta Amir Abu Iyadeh, 32 anni. Ma la dura realtà della situazione è evidente. "I danni sono immensi e indescrivibili, quasi tutto è diventato inabitabile", spiega Muhammad al Shawaf, un residente di Khan Younis, sottolineando che prima gli ci volevano tre minuti per raggiungere una strada vicina, ora gli ci vuole più di un'ora per arrivare allo stesso punto. Il ritorno dei palestinesi a casa, dopo il cessate il fuoco, è carico di sconforto e desolazione. Molti sono arrivati a Gaza City per valutare i danni e decidere se le loro famiglie potranno vivere lì di nuovo. "Non è rimasto più niente", è il racconto di Muhammad. I palestinesi insistono che non riescono nemmeno a riconoscere i luoghi di una vita. Molte famiglie affermano anche di non potersi permettere l'elevato prezzo del ritorno al nord, perché due anni di guerra israeliana hanno privato loro di ogni possibile fonte di reddito. Stessa desolazione a Khan Younis. Secondo il sindaco della città, l'80 per cento di questo governatorato è distrutto. Circa 400mila tonnellate di macerie ricoprono le strade della città. Macerie sotto le quali sono stati già rinvenuti 150 cadaveri, mentre mancano all'appello in 10mila.
Gaza è in una profonda crisi umanitaria, con fame diffusa, morte ovunque e la maggior parte dei suoi due milioni di abitanti ripetutamente sfollati in due anni di guerra. I mediatori sperano che il cessate il fuoco, iniziato a mezzogiorno di venerdì, porti alla fine del conflitto. Il direttore dell'ospedale Al-Shifa di Gaza City, il dottor Mohammad Abu Salmiya, spiega che il sistema sanitario dovrà affrontare "gravi carenze" e "sfide immense". "Abbiamo concluso una guerra e siamo entrati in un'altra", continua. Israele consentirà alle Nazioni Unite di inviare maggiori quantità di aiuti umanitari a Gaza a partire da oggi. Circa 170mila tonnellate di cibo, medicine e altri rifornimenti sono state preparate e pronte per essere trasportate. Il valico di frontiera di Rafah dovrebbe essere aperto, consentendone la consegna. Ma per molti di coloro che percorrevano la strada costiera dal sud al nord di Gaza, nel loro rientro a casa, l'attesa era grande prima di scoprire cosa restava della loro vita lì. Mona Mortaja, 27 anni, studentessa di contabilità, stava per tornare in una città che pensava di non rivedere mai più. "Il nostro addio a Gaza sembrava l'ultimo", racconta. Ahmed Jabr, 37 anni, camminava con la moglie e i suoi sette figli. Erano fuggiti da Gaza City il mese scorso e temevano anche loro di non ritornare mai più. "Ora sono qui - dice con un sospiro di sollievo -.
Finalmente mi sento al sicuro, e anche i miei figli". Shamekh al-Dibs, fuggito a sud anche lui con la sua famiglia il mese scorso, invece, fa notare: "La gente è così felice, ma quello che stanno per incontrare è solo distruzione".