Guerra in Ucraina

Gazprombank, lascia il vice. "Ora combatterò con Kiev"

Igor Volobuev annuncia di essere fuggito dalla Federazione: "I russi stavano uccidendo mio padre"

Gazprombank, lascia il vice. "Ora combatterò con Kiev"

Se non avesse avuta una coscienza, l'oligarca Igor Volobuev, numero due della banca statale russa, sarebbe potuto rimanere esattamente dov'era: al vertice della Gazprombank, l'istituto dal quale passa il flusso di denaro dei pagamenti per il gas russo. «Non potevo guardare da bordo campo cosa stava facendo la Russia alla mia patria». Così è tornato in Ucraina, dove cinquant'anni fa era nato, ha tolto i panni del manager per indossare la tuta mimetica, da top manager a soldato semplice, al fronte per unirsi alle forze di difesa territoriale ucraine. «Non riuscivo più a guardare quello che la Russia stava facendo alla mia patria. I russi stavano uccidendo mio padre, i miei conoscenti, i miei amici. Mio padre ha vissuto per un mese in uno scantinato gelido. Persone che conoscevo da una vita mi dicevano di provare vergogna per me». Dopo 33 anni passati a lavorare in aziende collegate al mercato del gas in Russia, originario della città di Okhtyrka, nella regione di Sumy, nel nord est dell'Ucraina, ha mollato ricchezze e potere per lottare. «Voglio lavare via il mio passato russo. Voglio rimanere in Ucraina fino alla vittoria», ha dichiarato.

La sua intervista a The Insider, assomiglia più a una confessione, una liberazione dall'insopportabile disagio di vedere la sua gente morire senza poter agire, il peso delle peggiori azioni che ricadono sulla coscienza di tutti quelli che restano in silenzio, a guardare. Il manager ha spiegato di aver lasciato la Russia lo scorso 2 marzo con l'intenzione di unirsi alle forze di difesa territoriale ucraine. Igor non è il solo, è almeno il quarto alto dirigente di società russe ad aver abbandonato il Paese dopo l'inizio della guerra, dopo l'ex primo vice presidente di Sberbank, Lev Khasis, la ceo di Yandex Elena Bunina e il vice Ceo di Aeroflot, Andrei Panov. Aveva lasciato la Russia lo scorso marzo anche l'inviato per il Clima del Cremlino, Anatoly Chubais, «Non potevo rimanere a guardare quello che la Russia stava facendo al Paese in cui sono nato», ha spiegato Volobuev, licenziato dopo aver lasciato il Paese, dopo una intera carriera trascorsa a lavorare con società del gruppo Gazprom dove si è occupato, nella direzione pubbliche relazioni, di denigrare il sistema di gasdotti che attraversano l'Ucraina con i clienti europei. «Questo crimine è commesso da Putin, dal governo russo, e anche dai russi. Non è Putin a uccidere gli ucraini, a saccheggiare le loro case, non è Putin che ruba i water, stuprare le donne in Ucraina. Sono i russi. E anche se sono di origine ucraina, anche io ne sono responsabile. Mi vergogno perché la mia responsabilità è doppia: non solo sono un russo, ma sono nato in Ucraina dove sono vissuto per 18 anni». Tra le dichiarazioni rilasciata dal fronte ucraino dove è impegnato, Volobuev ha alimentato il giallo sulla morte, sul «suicidio» dell'ex primo vice presidente di Gazprombank, Avaev, trovato morto a Mosca con la moglie e la figlia (pochi giorni prima della morte in Spagna dell'ex top manager di Novatek, Sergei Protosenya, anche lui morto con la moglie e la figlia). «Al momento del suo presunto suicidio, era ancora primo vice presidente di Gazprombank. Non credo che fosse capace di uccidere la sua famiglia. Penso che sia stata una messa in scena. Perché? Difficile da dire. Potrebbe aver saputo qualcosa. Avrebbe potuto essere una minaccia». A gennaio Leonid Shulman, 60 anni, capo del servizio di trasporto Gazprom Invest, è stato trovato morto nel bagno della sua dacia di Leninsky, un esclusivo villaggio della regione di Vyborg, nella Leningrad Okrug. Circa un mese dopo, il 25 febbraio (poche ore dopo l'inizio dell'invasione dell'Ucraina, particolare non secondario), nella stessa località, è stato rinvenuto il corpo di Alexander Tyulyakov, 61 anni, vicedirettore generale del Centro unificato di Insediamento della Gazprom per la sicurezza aziendale.

Fatti che avevano suscitato l'attenzione della Novaya Gazeta, il giornale diretto da Dmitri Muratov, premio Nobel per la pace, costretto a fermare le pubblicazioni a causa della censura.

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