Il grande freddo risalirebbe alla fine di dicembre. Quando dopo aver detto «sì» alla candidatura a sindaco di Milano, Giuseppe Sala non ha avuto la tenacia di resistere alle sirene delle primarie come avrebbe invece voluto Matteo Renzi. Non solo perché il curriculum di Mr. Expo - un tecnico esterno al Pd - era un ottimo pretesto per disinnescare un meccanismo che il premier ha patito non tanto a Milano, ma su scala nazionale (in primo luogo a Napoli). Ma anche perché il leader del Pd avrebbe apprezzato un approccio più decisionista e meno propenso a mediare con la fronda dem e la sinistra che a Milano si sono riconosciute in Francesca Balzani e Pierfrancesco Majorino.
È stato allora che tra Sala e Renzi si è rotto qualcosa, con il leader del Pd che qualche settimana fa è arrivato persino a scaricarlo. «Non l'ho scelto io - ha detto a fine aprile durante la visita a Teheran - ma Maurizio Martina» (attuale ministro delle Politiche agricole). Un modo per segnare la distanza, perché il solco in questi mesi non ha fatto che allargarsi. Le primarie di Milano, infatti, hanno confermato a Renzi che la scelta di Sala è stata «scellerata». Questo, almeno, è stato l'aggettivo che il premier ha usato in privato con diversi interlocutori milanesi.
Mr. Expo, infatti, ha sì portato a casa la vittoria, ma con un consenso ben lontano da quello auspicato e annunciato dai sondaggi: un risicato 42%. Con la Balzani al 34 e Majorino al 23. Con la sinistra, insomma, che fa registrare un complessivo 57%, ben quindici punti in più rispetto a quanto portato a casa da Sala nonostante l'endorsement di Renzi. Al di là delle prevedibili dichiarazioni di pubblica soddisfazione, per il premier è stato un risultato niente affatto positivo. Una dimostrazione pubblica e tangibile di una debolezza che con il passare dei giorni si è fatta sempre più evidente. Non è un mistero, infatti, che i sondaggi continuino a registrare una decisa rimonta di Stefano Parisi che nelle ultime rilevazioni avrebbe persino superato l'ex commissario di Expo.
E se la partita a Milano è apertissima e si deciderà solo al ballottaggio, per Renzi il vero rischio arriva da Roma e Napoli. Nel capoluogo campano, infatti, la candidata renziana Valeria Valente è ancora a otto-dieci punti da Gianni Lettieri, il candidato di Forza Italia che dovrebbe andare al ballottaggio insieme a un Luigi de Magistris che è praticamente quasi certo della sua riconferma. A Napoli, insomma, è altamente probabile che il Pd non vada al ballottaggio. Eventualità che c'è anche a Roma, visto che i sondaggi danno avanti la grillina Virginia Raggi con ben tre candidati che si giocherebbero la partita del secondo posto: Alfio Marchini, Roberto Giachetti e Giorgia Meloni. Sono tutti assestati intorno al 20% e la sfida si deciderà con ogni probabilità al fotofinish.
Per Renzi, insomma, inizia a farsi strada l'incubo di non arrivare ai ballottaggi né a Napoli né a Roma (dove il sindaco uscente, Ignazio Marino, è pure
del Pd). Sarebbe una debacle senza precedenti per i dem, un colpo durissimo per l'immagine del governo e del premier. E se a Milano Parisi dovesse pure vincere il ballottaggio, Renzi ne uscirebbe davvero con le ossa rotte.
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