Torna il freddo, se non il gelo, nelle relazioni tra Stati Uniti e Cuba, che solo nel luglio 2015 erano state riallacciate dopo oltre mezzo secolo di sospensione per iniziativa dell'ex presidente Usa Barack Obama. Washington ha deciso di richiamare il «personale non indispensabile» (il 60% del totale) dall'ambasciata statunitense all'Avana, di interrompere indefinitamente l'emissione di visti per i cittadini cubani dalla stessa ambasciata, e ha invitato i cittadini americani a non recarsi a Cuba «per ragioni di sicurezza personale».
Motivo dichiarato di questo giro di vite è il misterioso ripetersi di seri disturbi all'udito tra i dipendenti della sede diplomatica. L'origine di questa curiosa epidemia che ha interessato 21 persone rimane misteriosa, ma a Washington sospettano che sia stata provocata da agenti cubani e nei giorni scorsi il segretario di Stato Rex Tillerson aveva incontrato il collega cubano Bruno Rodriguez per esprimergli «in modo franco e fermo la preoccupazione degli Stati Uniti per la sicurezza del proprio personale diplomatico», ricordando «l'obbligo dei cubani di garantirne la sicurezza» Rodriguez aveva replicato negando ogni responsabilità e chiedendo di «evitare la politicizzazione della questione in assenza di prove».
Rimane il fatto che Trump ha sempre criticato duramente la scelta di Obama di riallacciare relazioni con l'Avana senza pretendere in cambio un impegno alla democratizzazione di Cuba: in questo contesto la vicenda dell'ambasciata sembra quasi un pretesto.
E intanto la spinosa vicenda del Russiagate torna alla ribalta con un nuovo clamoroso capitolo. Twitter ha bloccato 200 account legati a Mosca. I legali della piattaforma lo hanno rivelato durante un'audizione al Congresso americano dedicata alle indagini sulla presunta ingerenza russa nelle elezioni presidenziali Usa del 2016 e sui presunti contatti fra membri dello staff elettorale di Donald Trump e il Cremlino per danneggiare la rivale democratica di Trump, Hillary Clinton.
Twitter fa sapere di aver proceduto alla chiusura degli account perché almeno 22 di loro erano associati a quelli già sospesi per la stessa ragione da Facebook: in altre parole perché ritiene che servissero a influenzare gli umori dell'elettorato americano o più in generale a creare tensioni nella società Usa.
Tra questi, spiccano quelli collegati al canale internazionale russo di news Russia Today (Rt), che nel corso del 2016 ha spesso 274mila dollari per 1823 «cinguettii» destinati al mercato americano «direttamente o potenzialmente». Russia Today ha caratteristiche di un vero canale di propaganda, ed è collegato direttamente al Cremlino. Alcune settimane fa, anche Facebook aveva reso noto di aver venduto alla Russia spazi per annunci di contenuto politico miranti a influenzare l'elettorato americano per un valore complessivo di centomila dollari.
Con quella che appare un'evidente misura di ritorsione, Mosca ha annunciato, poche ore dopo la diffusione della notizia delle pressioni su Rt, l'apertura di un procedimento amministrativo contro la Cnn. La televisione satellitare americana non offrirebbe informazioni generali (nome del programma, nome del caporedattore, eccetera) su ciascuno dei suoi programmi durante la trasmissione, e ha aggiunto che in caso di una nuova infrazione il canale potrebbe essere oscurato in Russia.
Lo stesso presidente russo Vladimir Putin ha parlato di questo argomento in una riunione del Consiglio di sicurezza russo: «La crescente pressione sui media russi in alcuni Paesi stranieri è intollerabile». Mosca ha però negato che le misure prese contro la Cnn abbiano natura politica.
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