Il generale pedinato solo perché andava a Arcore

L'alto ufficiale dell'Arma fu filmato e non era indagato. La sua colpa? Essere con Mantovani

Il generale pedinato solo perché andava a Arcore

Milano Un generale dei carabinieri, Vincenzo Giuliani, e un ex premier, Silvio Berlusconi, invischiati nelle «rete» dei pedinamenti e della video sorveglianza. Senza essere sotto inchiesta. Il retroscena emerge quasi per caso durante il processo milanese per corruzione a Mario Mantovani, che all'epoca in cui la Guardia di finanza controllò Giuliani in visita ad Arcore era vicepresidente e assessore alla Salute della Regione Lombardia e coordinatore regionale del Pdl.

Come riporta Il Dubbio, quotidiano diretto da Piero Sansonetti, nell'ottobre del 2013 il telefono di Mantovani, appunto indagato, e quello del suo stretto collaboratore Giacomo Di Capua sono intercettati. Dall'altro capo del filo, i finanzieri del gruppo Tutela spesa pubblica di Milano coordinati dal pm Giovanni Polizzi. L'aiutante di campo di Giuliani, il colonnello Giovanni Balboni, contatta Di Capua che conosce da tempo. Giuliani è diventato generale di corpo d'armata e ha assunto la guida del Comando interregionale «Pastrengo», un incarico molto prestigioso nell'Arma con competenza su Lombardia, Piemonte e Liguria. Si parla di organizzare un incontro a Villa San Martino tra il Cavaliere e il nuovo comandante. E proprio Mantovani, ai vertici del partito, fisserà un appuntamento con lo staff di Berlusconi. Le telefonate Di Capua-Balboni si moltiplicano: non è facile trovare un buco nell'agenda del Cavaliere. I due si vedono anche alla «Pastrengo», in via Marcora, e lo stesso Mantovani parla con Giuliani attraverso il cellulare di Di Capua. In un'occasione in via Marcora Di Capua è seguito dalle Fiamme gialle, che da un parcheggio poco lontano fotografano e registrano l'incontro.

L'appuntamento ad Arcore è fissato per il 14 ottobre. Scatta l'apparato della Gdf. Per l'uscita del generale dei carabinieri viene predisposto un servizio di Ocp (osservazione, controllo e pedinamento). In campo ci sono micro-telecamere a infrarossi nascoste in una macchina «civetta». I finanzieri sono appostati davanti a Villa San Martino e riprendono tutta la scena. Con Giuliani che arriva alla residenza dell'ex premier a bordo dell'auto di servizio e che poi, come spiega il verbale, «scendeva dalla propria auto in dotazione all'Arma ed entrava nella auto Bmw grigia con a bordo l'assessore Mantovani, la quale ripartiva per entrare» nella villa. Il filmato è agli atti dell'inchiesta. La sequenza si interrompe davanti al cancello della residenza. Dopo che indiscrezioni sulla visita finirono sui giornali, Giuliani spiegò di aver visto Berlusconi per dirgli che «era appena cambiata tutta la catena gerarchica e per indicare gli interlocutori per qualunque inconveniente relativo ai servizi dell'Arma» di vigilanza intorno alla villa. «Non chiesi alcunché a Berlusconi, né l'ho più incontrato», aggiunse il generale.

Nel dettaglio la vicenda è stata appunto riferita in aula al Tribunale di Milano dal maresciallo della Gdf Emiliano Talanga. Alla domanda del difensore di Di Capua sul perché le Fiamme gialle si fossero spinte a pedinare un generale dei carabinieri fino alla porta di un ex premier, ha risposto: «Per interesse investigativo».

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