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La generazione Balotelli, ecco i nuovi italiani

RomaLa chiamano la generazione Balotelli, quasi un milione di figli di immigrati, arrivati bambini o nati e cresciuti in Italia, dove studiano e lavorano sentendosi italiani ma allo stesso tempo stranieri, integrati ma anche esclusi, accolti ma anche respinti. Giovani che parlano i nostri dialetti e cantano l'inno di Mameli, eppure costretti a 18 anni a fare i conti con la burocrazia, a sentirsi clandestini in patria.

Molti di loro sono famosi e si sono esposti per cambiare la legge sulla cittadinanza. Nel mondo dello sport gli italiani di seconda generazione che hanno patito per ottenere il passaporto sono tantissimi. Il calciatore Mario Balotelli, ormai il simbolo dell'Italia multietnica, è soltanto il più famoso. Arrivato in Italia a due anni e dato in affido a una famiglia bresciana è sempre rimasto legato ai suoi genitori naturali, ghanesi, ed ha ottenuto la cittadinanza soltanto a 18 anni, come richiede la legge in vigore. Un altro che ha sempre gridato ai quattro venti come fosse assurdo nascere italiano e non esserlo per la burocrazia è Stefano Okaka, calciatore anche lui. Nato a Castiglione del Lago da genitori nigeriani, ha parlato italiano fin dal primo giorno seguendo il percorso scolastico dei coetanei. Sempre con il passaporto nigeriano in tasca. Finchè i suoi meriti sportivi hanno dato una bella accelerata alle pratiche per la sua cittadinanza e per quella di sua sorella, campionessa di pallavolo. Yassine Rachik è invece una promessa dell'atletica leggera. In Italia da più di dodici anni e alunno delle scuole statali, fino a pochi mesi fa era ancora cittadino marocchino e seppur avesse collezionato 25 titoli italiani gli erano precluse le gare a livello europeo. La scorsa primavera, grazie ad una petizione, il presidente Mattarella ha firmato per la sua cittadinanza. Anche Eusebio Haliti è un atleta che ha patito per diventare italiano e per colpa dei tempi biblici della legge ha perso la possibilità di partecipare alle Olimpiadi di Londra.

Prima che l'edizione 2014 di Miss Italia aprisse alle ragazze nate in Italia ma senza cittadinanza, l'aspirante miss di origini cingalesi Nayomi Andibuduge aveva scritto all'allora presidente Napolitano per parlare del suo «diritto» mancato alla cittadinanza.

Tra i «nuovi italiani» ci sono anche tanti autori, come la somala Kaha Mohamed Aden o il giovane di origine angolane nato a Busto Arsizio, Antonio Kikele Distefano, che raccontano un modo diverso di essere italiani.

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