Gentiloni a Bruxelles per rassicurare. Berlusconi: ai populisti ci penso io

Il premier nel ruolo del pompiere: "Il 4 marzo non è salto nel buio"

Gentiloni a Bruxelles per rassicurare. Berlusconi: ai populisti ci penso io

Roma - Chi si rivede (e risente). Meriterebbe un supplemento d'indagine, il ritorno di una certa incontinenza verbale europea, specie riguardo i suoi sospetti riflessi sui mercati. Ma intanto il premier Paolo Gentiloni continua a interpretare alla perfezione il Gentiloni che sappiamo: risorsa preziosa (forse tardiva) per un Pd in picchiata, arcifedele interprete dei dettami Ue, epperò politico capace di cogliere al volo ogni sfumatura per volgerla alla vaga ma decisa sedazione degli italiani. Grazie al vezzo assai democristiano di poter dire tutto e il contrario di tutto, senza mai scomporsi. Così, dopo quello che ha definito «forse ultimo Consiglio dei ministri della legislatura», sottolineando di aver preso «decisioni importanti», il premier ha fornito al presidente Ue Juncker una risposta ferma ma garbata, come nel suo stile. «Stasera sarò a Bruxelles - dice in tv a Porta a Porta - e alla cena dei capi di governo tranquillizzerò Juncker: l'Italia è un Paese stabile. A parte che i governi sono tutti operativi, i governi governano... Non sono d'accordo nel vedere queste elezioni come un salto nel buio e dal mio punto di vista il ruolo del centrosinistra di governo è fondamentale, ma non ho paura del baratro». Lo dice, il premier, proprio mentre il suo segretario cerca di sfruttare a proprio vantaggio la mina impazzita-Juncker: «Se si sceglie la strada dell'antipolitica è finito il Paese», esagera Renzi. Per fortuna però Gentiloni non è Renzi («siamo diversi ma andiamo d'accordo») ed è reduce dagli endorsement che ne fanno uno strano «candidato da battere», anche senza elezione diretta alla poltrona di Palazzo Chigi. «Da Gentiloni a Gentiloni?» gli viene chiesto. «Fa piacere l'apprezzamento di persone così importanti, a partire da Napolitano - si schermisce -. Ma il fatto che gli italiani votino non lo considererei superfluo». Circostanza sottolineata anche da Silvio Berlusconi. «Ho incontrato a Bruxelles il presidente Juncker e l'unica preoccupazione dell'Europa è quella di una deriva populista pauperista che solo noi siamo in grado di fermare con un programma politico ed economico forte e concreto», ha rimarcato.

Tanto Berlusconi quanto Gentiloni puntano a confutare la tesi che il voto sia inutile, sostenuta dai delusi dal Pd di Renzi. Il premier, che si vanta d'avere «il passo dell'alpino» spiega che «se serve una corsa alla bersagliera la facciamo». E, in un'escalation che tradisce intenti e priorità, chiarisce che «ora la corsa che va fatta è quella al voto. È fondamentale: non pensiamo che i giochi siano fatti, il voto conta, eccome, cambierà davvero le cose.

Intanto rafforziamo il Pd, il pilastro. Poi troveremo un modo grazie alla guida del presidente Mattarella». Tranquilli, perciò: se votate il Pd, o anche no, vi condurremo noi. Ma non dovete mica temere: il voto serve, eccome.

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