Il ghiacciaio fa paura: radar contro il crollo

Sos per l'inesorabile scivolamento a valle lanciato dagli esperti di «Montagna sicura»

Il ghiacciaio fa paura: radar contro il crollo

Le nubi si sono abbassate e ora si spera nella neve. Che cada, benedetta, e incolli quei pinnacoli di ghiaccio scricchiolante alla roccia. Per sempre o ancora per un po'.

È sospeso il ghiacciaio di Planpincieux, così come lo è la sorte della val Ferret di Courmayeur. Da oggi arriverà anche un radar predisposto dalla Regione a monitorare anche di notte l'inesorabile scivolamento a valle dei 250mila metri cubi di ghiaccio che, nelle scorse settimane, hanno impennato la corsa, al ritmo di 50 cm al dì, facendo allarmare gli esperti della fondazione «Montagna sicura», portando così alla chiusura della strada che da La Palud sale verso Planpincieux e, di fatto, tranciando di netto l'accesso alla val Ferret.

Il pericolo, infatti, incombe, non direttamente su uomini e case, ma sul destino di un grappolo di anime che, poco oltre, in quella valle campano. E soprattutto dovrebbero tornare a lavorare a pieno ritmo, da dicembre, quando la valle diventa il paradiso di fondisti e camminatori.

Hotel, chalet, bar, noleggi e sciolinatura sci. Questo il tema al centro dell'incontro che, ieri sera, il sindaco Stefano Miserocchi ha condotto davanti agli highlander di questo ultimo scampolo d'Italia. Da una parte la storia di crolli e frane su questo versante del Bianco è lunga e dolorosa. Tutti ricordano le 12 vittime della valanga di Pavillon: era il 1991 e la morte arrivò dal ghiacciaio accanto all'osservato speciale di oggi. Quel fuoripista fu vietato e, negli anni, la strada spostata perché spesso l'alito delle slavine arrivava a lambirlo. Poi dirimpetto ai ghiacci è arrivata la frana di La Saxe, oggi arginata con un grande vallo.

L'ultima tragedia è arrivata la scorsa estate per colpa di piogge e detriti: due morti. Ma alla cronaca tragica si aggiunge la paura che prevalga la voglia di chiudere le porte di questo paradiso. In attesa dell'imperscrutabile. La val Ferret è già «selettiva»: nei periodi turistici si accede solo in bus. Ora allo studio c'è anche una viabilità alternativa lungo una poderale che però tamponerà fino all'arrivo della neve. «Non dimenticateci» è il grido collettivo di chi ha mantenuto un'attività lassù, con fatica perché due settimane di pieno ferragostano e il fully booked a Natale oggi non bastano. Dal Dipartimento regionale emergenze idrogeologiche arriva un messaggio di cautela: «Nessuna apocalisse, ma precauzione: non abbiamo nessun modello scientifico che ci possa dire se e quando ci potrà essere questo distacco, possiamo solo prevedere quale sia l'area interessata nel caso in cui avvenga: per questo abbiamo chiuso». Un monito che semmai allarma ancora di più e ricorda da vicino la situazione di un'altra valle bellissima, lombarda, solo poco meno mediatica, la Valfurva che ha dato i natali alla campionessa di sci Deborah Compagnoni. Qui un «grande fratello» osserva la frana del Ruinon almeno dal 1997, ma in attesa di lavori seri, la provinciale che da Bormio sale a Santa Caterina è stata spesso chiusa. Questa estate completamente: o si passa dal Gavia allungando un paio di ore un percorso di pochi km, o si prende una forestale con la navetta comunale.

Qui in gioco però c'è tutta l'economia locale di un paese di 250 anime con 40 bimbi che, da qualche settimana, hanno pure lasciato casa per spostarsi più in basso in affitto (in attesa di bonus) o da parenti per andare a scuola.

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