È un incontro deciso all'ultimo e nato con grande naturalezza quello che va in scena a Palazzo Chigi tra Giorgia Meloni e Matteo Salvini. Dopo essersi scambiati qualche messaggio whatsapp domenica sera, i due leader decidono di vedersi per un faccia a faccia più politico.
Sul tavolo c'è la necessità di confrontarsi sul percorso di avvicinamento alle Europee di giugno. E stabilire alcune regole di ingaggio affinché la naturale concorrenza tra Fratelli d'Italia e Lega non si riverberi negativamente sul governo. Proprio in mattinata il leader della Lega, dopo aver organizzato a Firenze il raduno dei sovranisti, al Corriere della Sera aveva rilanciato chiedendosi: «Davvero un pezzo di centrodestra europeo preferisce allearsi con i socialisti delle tasse e delle frontiere aperte in cambio di prebende e cedendo sulla linea politica?».
Una strategia identitaria che inevitabilmente lo porta a differenziarsi dalla linea di Giorgia Meloni che sta tessendo la sua tela in Europa e acquisendo autorevolezza per essere poi al centro dei giochi della prossima maggioranza continentale. Sullo sfondo c'è il «derby» tra le due famiglie europee di appartenenza, con Salvini convinto che Identità e Democrazia abbia la possibilità di prendere più voti dei Conservatori (di cui fa parte Fratelli d'Italia).
Il comunicato ufficiale è più che conciliante: «In un clima come sempre amichevole: l'incontro è stata l'occasione per fare il punto sulla situazione politica e aggiornarsi sui principali dossier. È confermata la piena sintonia per raggiungere tutti gli obiettivi del programma elettorale con l'ambizione di rivincere le elezioni politiche al termine della scadenza naturale della legislatura». E anche le immagini concorrono a svelenire il clima con la foto di Giorgia Meloni e Matteo Salvini che ridono insieme, al termine del faccia a faccia, dopo essere usciti a prendere un caffè insieme al termine di un colloquio, a tutto campo, durato circa un'ora. Ufficialmente i due leader avrebbero parlato soprattutto del Pnrr e di temi governativi, ma inevitabilmente il confronto si è anche concentrato sulle «regole di ingaggio e concorrenza». In sostanza un tentativo di definire fin dove si può affondare il colpo in campagna elettorale senza arrecare danni al governo.
Di certo Giorgia Meloni non ha gradito l'attacco portato alla Presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola rea, secondo Salvini, di voler «riproporre l'inciucio con le sinistre, che ha portato l'Europa ai problemi di oggi». I rapporti della presidente del Consiglio con la politica maltese sono ottimi e proprio ieri l'ha ospitata a Palazzo Chigi. «L'incontro è andato molto bene, abbiamo contatti regolari» le dichiarazioni di Metsola. «Stiamo preparando il Consiglio europeo. Conto su di lei, è una donna proeuropeista, forte. Io non conterò solo sulla sua amicizia ma anche sulla leadership con cui ha messo l'Italia al centro del dibattito: sia sull'immigrazione, sia sul finanziamento, sia sui piani digitali, climatico e sociale, su cui l'Italia può essere leader».
Sullo sfondo Antonio Tajani si sfila con una stoccata da chi cerca di trascinarlo nella polemica sulle alleanze della Lega. «I partiti che oggi esprimono preoccupazioni sugli alleati della Lega sono gli stessi che formarono un governo con la Lega nella precedente legislatura» ricorda in un question time alla Camera sul meeting di Identità e democrazia.
Tajani cita Italia Viva, il Pd e M5s, presenti in diversi esecutivi, e anche allora «la Lega aveva gli stessi alleati in Europa, compresa Afd. E se non c'era non ragione di preoccuparsi allora non ce n'è evidentemente neppure adesso».
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