Bruxelles sotto attacco

Giornalista e bombarolo: è lui "l'uomo col cappello"

Faysal Cheffou è il terzo del commando che ha fatto saltare l'aeroporto Nei suoi articoli difendeva l'estremismo e in un parco faceva proselitismo

Giornalista e bombarolo: è lui "l'uomo col cappello"

Articoli on line firmati con uno pseudonimo in cui difendeva l'estremismo, lo giustificava e talvolta lo incoraggiava imbevendo reportage da freelance con un mix di ideologia e prosa coranica. Video postati in rete tra cui quello del 15 luglio 2014 in cui denuncia maltrattamenti subiti dai migranti in un centro per clandestini. «Musulmani privati di cibo», fratelli in prigione. Mai persone. «Je suis journaliste», Faysal Cheffou. È lui l'abile comunicatore su cui da venerdì pesano le accuse di partecipazione a gruppo terroristico, omicidio a sfondo terroristico e tentato omicidio. È stato fermato giovedì a Bruxelles e da quel giorno non dice una parola. Sarebbe lui l'uomo col cappello immortalato dalle telecamere di sorveglianza dell'aeroporto. Il terzo uomo.La procura fa sapere di non aver trovato né armi né esplosivi nel suo appartamento. Ma Cheffou è forse la chiave di volta di un'ampia rete belga. La prima segnalazione risale al 2002: un furto di materiale di polizia a Molenbeek. E un fratello, Karim, ucciso mentre gli agenti perquisivano la sua casa di Schaeerbek in cerca degli autori di una rapina. All'interno una borsa con granate e alcuni mitra.Era già accusato di ricettazione, poi di associazione a delinquere e fu chiamato a dare spiegazioni perché un amico usò a casa sua una pistola. Ci scappò il morto. La polizia, dopo l'«incidente», trovò in cucina un passamontagna, manette, divise. Cioè la refurtiva rubata alla stazione di Polizia di Molenbeek. Lasciato libero di muoversi, si era ritagliato il ruolo sociale di chi difende i diritti degli immigrati.«Je suis journaliste». Si presentava così Faysal Cheffou al citofono del centro di accoglienza per migranti nel villaggio Steenokkerzeel, a est di Bruxelles e non lontano dall'aeroporto di Zaventem nel video del 15 luglio 2014. I migranti protestano perché i pasti non rispettano gli orari del Ramadan. «È una violazione dei diritti umani», scrive Cheffou.«Giornalista indipendente» per le autorità che lo fermavano al parco ormai da anni, dove da un paio faceva proselitismo. Poi, puntualmente, lo lasciavano andare. Era stato il borgomastro in persona a denunciare alla magistratura la sua «militanza» nei gruppi più estremisti dopo vari provvedimenti a vuoto. Era considerato «pericoloso». Ma né la procura né la magistratura avevano tenuto conto delle ripetute segnalazioni e lo scorso settembre il comune era ricorso a una sanzione amministrativa che gli impediva di avvicinarsi al parco Maximilien, a pochi passi dall'ufficio stranieri della capitale belga, dove la municipale di Ixelles lo aveva bloccato mentre faceva propaganda radicale islamica tra i richiedenti asilo.Era stato visto anche in un gazebo di propaganda islamica itinerante. E in serata la procura conferma: Cheffou è effettivamente l'uomo col cappello. Dopo la fuga di notizie seguite all'arresto di Salah Abdeslam, che hanno accelerato gli attentati, c'è cautela. Le Soir cita fonti di polizia che lo indicano come «molto probabile». Se così fosse sarebbe il primo «giornalista» europeo coinvolto direttamente e da protagonista in un'azione terroristica di matrice islamica. Il tassista che ha accompagnato il commando martedì mattina all'aeroporto l'ha però riconosciuto. Un confronto all'americana in cui gli sono stati sottoposti dei sospettati. Le Soir scrive che i filmati dell'aeroporto e in place Meiser (nel quartiere di Schaerbeek) mostrano la sua fuga da Zavantem. Per il procuratore federale, Frédéric Van Leeuw, «l'uomo col cappello aveva poggiato uno zaino piuttosto grande» che «conteneva la carica esplosiva più importante», ma si era allontanato prima del plot.

La sua bomba non era esplosa al momento dell'attacco dei due kamikaze, che a Zaventem erano arrivati con lo stesso taxi.

Commenti