Cronaca internazionale

Dopo una giornata di lavoro crolla pure il robot. È un "crash", ma sembra umanissima fatica

Alla fiera di Chicago, Digit ha caricato casse per 20 ore e poi è "svenuto"

Dopo una giornata di lavoro crolla pure il robot. È un "crash", ma sembra umanissima fatica

Flette elegantemente le lunghissime gambe e asseconda la schiena perché non si affatichi troppo nel carico dei pacchi pesanti. Quindi si piega, prende la scatola, si riporta dritto e procede allo spostamento: dall'espositore al carrello rotante. Da un punto all'altro con pochi passi: costanti, composti, infaticabili. Venti interminabili ore di avanti e indietro senza perdere ritmo o postura. Senza una pausa per andare alla toilette o per bere un caffè o un bicchier d'acqua o per fare una telefonata. Venti interminabili ore di turno senza mai smettere di lavorare un secondo, senza lamentarsi, senza mostrare cedimenti o fatica o fastidio. Fino a quando, caricando l'ennesimo pacco, crolla a terra sfinito. Qualche movimento di «memoria» del corpo e poi rimane immobile a faccia in giù. La gente attorno è incredula: ma come, cade sfinito anche un robot? Il lavoratore indefesso si chiama infatti Digit, ha un efficientissimo e instancabile corpo di metallo, le giunture di bulloni e nessunissima esigenza «umana». Digit è un prototipo dall'azienda statunitense Agility Robotics e si trovava alla fiera ProMat 2023, a Chicago, quando si è abbattuto a terra come un uomo qualsiasi.

Era impegnato in una dimostrazione per il pubblico, simulava una giornata di lavoro in mezzo a persone vere: dal magazzino al bancone per distribuire pacchi incessantemente. Digit ha impilato e spostato scatole per venti ore e poi è stramazzato. L'azienda produttrice ha ovviamente respinto la facile ironia sulla stanchezza del robot che ancora prima di iniziare a sostituire gli uomini in carne ed ossa nelle loro mansioni ne ha già preso le sembianze: stancandosi e svenendo sfinito per il sovraccarico di lavoro richiesto. Agility Robotics parla infatti, in termini molto più tecnici, di «crash»: «C'è un problema di software o un errore del sensore, a volte può essere necessario ripararlo ma è un'operazione che impiega 15 minuti. Così Digit è pronto per tornare al lavoro, senza limiti di orari» hanno fatto sapere dalla casa madre. Ma intanto, per noi, il «crash» resta lo «svenimento» del robot che a un certo punto non ce l'ha più fatta. Ci piace crederlo perché ci sembra tremendamente suggestivo e rasserenante. L'intelligenza artificiale non fa che «tallonarci», minaccia di sostituirci in tutto, di schiacciarci in un angolo di «buttarci via» prendendo il nostro posto in ogni ambito della vita, compresi quelli nei quali mai vorremmo essere rimpiazzati. Malgrado i colossi tech abbiano ammesso che i tempi non sono maturi e che l'AI rischia di prenderci la mano e andare fuori controllo, si sa che in questo genere di cose, la marcia indietro è impraticabile. Perciò vedere un robot, che durante una dimostrazione nella quale rende evidente quanto sia prossimo a scalzare gli umani, crolla a terra durante il «turno», beh, un po' ci rasserena.

Cinicamente, crudelmente, ci fa credere che possa mancare ancora un po' al momento in cui saremo noi i pezzi di ricambio.

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