Sinergie. Affinità culturali. Politica giudiziaria. Due nomi eccellenti che s'intrecciano su un caso delicato, quello di Giuseppe Uva, morto il 14 giugno 2008 a Varese dopo essere stato fermato dalle forze dell'ordine. Alessandro Bratti e Giuseppe Battarino, storia di un'intesa costruita sul palcoscenico di un difficile procedimento giudiziario: Bratti è deputato del Pd ed è in prima linea nel tenere vivo un caso per cui la Procura di Varese aveva chiesto e richiesto l'archiviazione. Battarino è il coordinatore dei gip nella stessa città e si trova ad affrontare la spinosa vicenda, seguita con grande clamore dall'opinione pubblica: decide dunque di non mandare in soffitta l'inchiesta e anzi ordina nuovi accertamenti. Ora, dopo aver seguito, da punti di vista diversi, lo stesso dramma i due si ritrovano insieme: Bratti è il presidente della Commissione ecomafie, Battarino ne è diventato consulente a tempo pieno, lasciando la Lombardia per Roma.Succede tutto con la sincronia di un metronomo: per il pm Agostino Abate poliziotti e carabinieri non hanno alcuna responsabilità nella morte di Uva e vorrebbe chiudere il caso.Ma molti la pensano diversamente: il nome di Uva, con quelli di Cucchi e Aldrovandi, diventa sinonimo dell'abuso della forza da parte dello Stato. No, l'indagine non può finire così, su un binario morto. E così, fra appelli, mobilitazioni e articoli dei grandi giornali, la tragedia diventa una sorta di battaglia per la civiltà. Il 28 maggio 2013 Bratti e il suo collega di partito Walter Verini presentano un'interrogazione al ministro Anna Maria Cancellieri chiedendo «quali provvedimenti intenda adottare al fine di evitare che la prossima scadenze dei termini di prescrizione impedisca di accertare le cause e gli autori della morte di Giuseppe Uva». La pratica finisce sul tavolo di Battarino: il pm è convinto che il lavoro di scavo non abbia portato da nessuna parte, ma il gip tiene vivo il fascicolo e dispone altri accertamenti. Alla fine, un altro giudice spedisce a processo gli agenti, capovolgendo ancora una volta la linea dell'accusa che non vedeva la possibilità di andare avanti. E ora il dibattimento è in pieno svolgimento fra le perplessità degli avvocati: «Mi chiedo - spiega al Giornale Pietro Porciani, difensore di due poliziotti - come si possano discutere capi d'imputazione così deboli».Di fatto Battarino dà impulso ad un'inchiesta agonizzante e Bratti porta il nome di Uva fin dentro il Palazzo, calamitando energie per fare saltare il tappo delle presunte omissioni, reticenze e silenzi. I due evidentemente si stimano e dall'incontro sulla controversa vicenda sboccia un vero amore: a settembre dell'anno scorso Bratti diventa il presidente della Commissione ecomafie, pochi giorni dopo Battarino diventa suo consulente - uno dei tre nominati - e lascia Varese per Roma.La politica e la giustizia vanno a braccetto.
Ciascuno, sia chiaro, fa la sua parte, ma quando più soggetti, da sponde diverse, giocano per lo stesso risultato il successo alla fine arriva. Su quel confine sottile, a volte evanescente, fra l'aula del tribunale e la piazza che chiede giustizia. E carriere diverse, apparentemente lontane, si ricongiungono.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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