Il giudice conferma: Grillo è un diffamatore

Il leader M5s insultò il professor Battaglia, firma del «Giornale»: dovrà pagare 6mila euro

Il giudice conferma: Grillo è un diffamatore

La condanna rimane. Ma cambia: 6 mila euro contro l'anno di carcere inflitto in primo grado. Si chiude cosi alla Corte d'Appello di Ancona anche il secondo round di un match che va avanti da sei anni: Beppe Grillo ha diffamato il professor Franco Battaglia (difeso dall'avvocato Lauretta Giulioni), associato di chimica-fisica all'Università di Modena e firma del Giornale. Nel 2011, alla vigilia del referendum sul nucleare, Michele Santoro aveva invitato in studio alcuni esperti, fra cui Battaglia, da sempre paladino dell'atomo e del suo utilizzo. Così l'editorialista del Giornale era finito nel mirino del comico genovese che qualche giorno dopo, nel corso di un comizio a San Benedetto del Tronto, lo aveva apostrofato con parole durissime: «Ai tempi del fascismo non si mediava Anch'io non voglio mediare: Battaglia, che è pagato dalle multinazionali, lo prendo a calci nel c... e lo sbatto in galera».

Un discorso, come si può vedere, inaccettabile e minaccioso, ma anche costruito con lo scopo di screditare uno studioso apprezzato dai lettori del Giornale per la sua capacità di smontare e ribaltare luoghi comuni e stereotipi del politically correct. Battaglia aveva querelato con una motivazione molto semplice: «Ho duecento studenti che vogliono sapere se il sottoscritto è sul libro paga delle multinazionali o ragiona con la propria testa».

In primo grado, ad Ascoli Piceno, Grillo era stato condannato a 1 anno di carcere, oltre al pagamento di una provvisionale di 50 mila euro e delle spese legali. «Obiettivamente una pena pesante - rimarca ora Battaglia - perché un anno di carcere di questi tempi non lo si dà nemmeno a chi ruba». La pena viene dunque rimodulata in chiave pecuniaria: 6 mila euro, oltre alla provvisionale di 50 mila euro e alle spese legali, lievitate a quota 12 mila euro. «L'onore è salvo - prosegue il professor Franco Battaglia - posso continuare a fare lezione a testa alta». Peraltro ci sono voluti sei anni per due gradi di giudizio non particolarmente complessi.

Cosi il docente lancia l'allarme: «Di ritardo in ritardo, aspettando la Cassazione, andiamo incontro alla prescrizione che si avvicina sempre di più. Non mi meraviglierei se questa vicenda dovesse finire in niente».

Ma questa è un' altra storia che riguarda il malfunzionamento della giustizia italiana.

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