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Giustizia, la guerriglia di Renzi non va in prescrizione

Il Pd vuol rimandare ma Iv è pronta a votare con il centrodestra

Giustizia, la guerriglia di Renzi non va in prescrizione

«La proposta di Fi vuole abolire la riforma Salvini-Bonafede. Saremo coerenti, la resa di fronte a processi eterni ci troverà sempre contrari. Domani si voterà, confidiamo prevalga la ragionevolezza nella maggioranza». A scandire la dichiarazione di guerra di Italia viva sulla prescrizione è Ettore Rosato.

Le urne delle regionali in Emilia-Romagna e in Calabria si sono appena chiuse, e già il partito corsaro di Matteo Renzi riapre le ostilità, su un fronte assai scivoloso per la maggioranza: quello della giustizia. Oggi infatti si voterà a Montecitorio sulla relazione del ministro della Giustizia Bonafede e sulla proposta Costa, che annulla lo stop grillino alla prescrizione, e il Pd è in difficoltà: da un lato vorrebbe ottenere modifiche sostanziali all'aberrante «fine processo mai» voluto dagli alleati, dall'altro non vuole creare scosse nella maggioranza né «umiliare» ulteriormente i soci di governo sonoramente bastonati nelle urne. Il piano dem, dunque, sarebbe quello di non decidere nulla, rinviare la proposta Costa in commissione e affidare al premier una improbabile «mediazione» che addolcisca la controriforma Bonafede.

I renziani si mettono di traverso, pronti a votare con l'opposizione contro il «giustizialismo» di maggioranza. «Ora il Pd deve finalmente decidersi: o si accoda al mannettarismo dei Cinque stelle, o riscopre la sua vocazione riformista e si impegna sul fronte garantista. Non può continuare a galleggiare», dice Matteo Renzi. Convinto che proprio questo sarà «l'argomento di maggiore impatto, nei prossimi mesi: come il riformismo possa sconfiggere la visione giustizialista della società». Secondo l'ex premier «serve una mobilitazione delle coscienze per fare della battaglia garantista una battaglia culturale di tutti». La linea grillina, su questi temi, «è barbarie, non giustizia».

Battaglia dunque, a cominciare da oggi in aula: «Per riuscire a rinviare la legge Costa in commissione - ragiona il renziano Roberto Giachetti - la maggioranza ha bisogno di tutti i suoi voti. Spero invece che nel Pd, ora che i grillini sono stati sconfitti nelle urne, ci siano molti che, in coscienza, non se la sentano di avallare la linea oltranzista di Bonafede». Certo, alla Camera la maggioranza (grazie ai Cinque stelle) ha numeri assai ampi, ma se i casi di coscienza nei Dem fossero molti il rischio di inciampo si materializzerebbe.

Il successo del Pd in Emilia rende assai più difficile la navigazione del vascello renziano, che il prossimo weekend terrà a Roma la sua prima assemblea nazionale, e riduce i margini di manovra dell'ex premier. Che ha sostenuto Bonaccini, e sottolinea come la vittoria sia sua, e non di Zingaretti: «Il buongoverno batte il populismo, la demagogia si sconfigge con il riformismo», dice Renzi. Che avverte: Salvini è stato sconfitto a Bologna, ma «la strada della sfida nazionale è ancora lunga e tortuosa. E il vincitore si chiama Bonaccini: senza la sua testarda dedizione, il risultato sarebbe stato diverso».

Italia viva, promette, continuerà ad «incalzare» il governo, e soprattutto un Pd ancora troppo pronto a «cedere» al populismo dei suoi alleati.

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