La giustizia paralizzata fino a giugno

I dettagli del decreto: udienze sospese, le eccezioni ridotte rispetto alla bozza

La giustizia paralizzata fino a giugno

Adesso è ufficiale, manca solo la firma del presidente della Repubblica. Il coronavirus fa scattare una paralisi senza precedenti nella storia della giustizia italiana: tribunali blindati, udienze sospese, diritti dei detenuti sospesi per decreto. Il testo portato venerdì sera dal ministro della Giustizia Bonafede al consiglio dei ministri viene ieri limato ma anche inasprito. Viene ridotta di un mese la durata della paralisi sanitaria della giustizia: fino al 31 maggio, anziché il 30 giugno come proponeva il ministro. Ma si tratta comunque dello stop più lungo deciso finora dal governo alla vita quotidiana del paese per fronteggiare l'avanzata del Covid-19.

Le udienze, come prevedeva la bozza originaria, vengono rinviate tutte, nel settore civile e penale, con poche eccezioni: nel civile quelle per espulsioni di profughi, trattamenti sanitari obbligatori, richieste di aborto di minorenni. Nel penale saltano tutte le udienze, e qui le poche eccezioni previste dalla bozza originaria si riducono ulteriormente. Si dovranno fare le udienze di convalida degli arresti, mentre quelle con imputati detenuti si faranno solo se a chiedere che si tengano ugualmente saranno gli avvocati difensori: che si vedono in questo modo rifilata la responsabilità di scegliere tra il diritto alla difesa e quello alla sicurezza propria e dei propri assistiti. In ogni caso, le poche udienze che si terranno dovranno tenersi per teleconferenza, con gli arrestati collegati via Internet con l'aula del giudice.

Al lungo rinvio delle udienze - che di fatto farà slittare quasi tutta la vita giudiziaria a dopo la pausa estiva - il governo accompagna la sospensione dei termini per istanze, ricorsi, deposito di atti, e anche della prescrizione. Mentre nel settore civile la sospensione dei termini non è destinata ad avere effetti traumatici, nei processi penali il congelamento della prescrizione previsto dalla bozza originaria di Bonafede è suonato a una parte del governo come una compressione inaccettabile dei diritti della difesa. Alla fine, il testo che verrà portato alla firma del capo dello Stato costituisce una sorta di mediazione. Il testo originario stabiliva che la prescrizione restasse congelata fino alla ripresa del processo dopo il rinvio per il coronavirus. In base alla versione definitiva, la sospensione della prescrizione non andrà oltre il 31 maggio. Stesso limite per il congelamento del calcolo della durata del «giusto processo».

Ai capi degli uffici giudiziari vengono dati, come previsto, pieni poteri nel limitare l'accesso dei cittadini ai tribunali di tutta la penisola. Orari ridotti, uffici sbarrati al pubblico, udienze a porte chiuse. Misure draconiane ma necessarie, che renderanno i palazzi di giustizia delle spettrali ghost town. Dove il provvedimento in fase di emanazione è di durezza ancora maggiore è sul fronte carcerario. Questo capitolo, che non compariva nella prima versione, dà la misura del timore estremo con cui il ministero della Giustizia guarda alla eventualità di contaminazione da parte del virus di comunità chiuse e affollate come quelle carcerarie. Per cui: basta colloqui faccia a faccia con i familiari, che verranno sostituiti da collegamenti via internet o da semplici telefonate; e, soprattutto, facoltà per i tribunali di sorveglianza di sospendere con effetto immediato i permessi premio e la semilibertà.

Sono misure emergenziali che stanno creando già proteste e rivolte all'interno delle carceri (come ieri a Salerno) ma che per il governo costituiscono l'unico modo per far sì che le prigioni restino incontaminate dal virus.

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