Gogna mediatica per D'Alema Il suo nome finisce nei verbali

Tra gli arrestati nell'inchiesta sulla metanizzazione di Ischia anche il sindaco Pd dell'isola. L'ex premier in imbarazzo per un maxi ordine del suo vino dalla coop Cpl

Gogna mediatica per D'Alema Il suo nome finisce nei verbali

Una «scossa» del genere non si avvertiva dalla notte della famosa intercettazione tra Massimo D'Alema e l'ex presidente di Unipol, Giovanni Consorte. Il celeberrimo « Facci sognare. Vai avanti, vai! » con il quale l'ex premier alle 23,18 del 7 luglio 2005 spronava la gioiosa scalata Unipol alla Bnl.

Non finì bene. Altri tempi, e sogni d'inizio estate che ieri si sono tramutati piuttosto in incubi d'uno stentato inizio primavera. Il nome del leader che aveva vaticinato «scosse imprevedibili» per l'impero Berlusconi già nel 2009, lo stesso D'Alema finito sotto le rotaie di Renzi, e da ultimo messosi a capo della Resistenza interna al premier, è sbucato fuori imprevedibilmente dagli atti di un'inchiesta condotta dal Pm Woodcock sulla metanizzazione dell'isola d'Ischia, per la quale sono finite in galera undici persone. Tra di esse, il sindaco pidì di Ischia, Giuseppe Ferrandino, e il capo delle relazioni istituzionali di una delle più antiche coop rosse, il gruppo Cpl Concordia. Proprio quest'ultimo, in una conversazione con il responsabile commerciale della Coop, Nicola Verrini, l'11 marzo 2014, sostiene come sia «molto più utile investire negli Italianieuropei » (la fondazione dalemiana, ndr )», poiché D'Alema «sta per diventare Commissario europeo» e, soprattutto, in quanto «D'Alema mette le mani nella merda come ha già fatto con noi... ci ha dato delle cose».

Chi ricorda appena un po' il carattere dell'ex segretario Pds-Ds può ben immaginarne la reazione furente, che già preannuncia azioni legali a 360 gradi. D'Alema si dichiara «anzitutto offeso e indignato» e attacca la Procura: «Che rapporto c'è tra i reati di cui si parla e il fatto che io possa aiutare mia moglie a vendere il vino? È una situazione incredibile, perché la giustizia non può avere come fine sputtanare le persone. La diffusione di notizie e intercettazioni che non hanno alcuna attinenza con le vicende giudiziarie di cui si occupa la Procura di Napoli è scandalosa e offensiva. Questa indagine dura da diversi anni, se io avessi compiuto dei reati, credo proprio che i magistrati mi avrebbero mandato un avviso di garanzia». D'Alema rifiuta qualsiasi paragone con la vicenda Lupi, anche se il tempismo dell'operazione giustificherebbe sospetti e merletti. «I casi non sono paragonabili: lui era ministro e lì ci sono dei vincoli comportamentali. I non dò appalti, sono un cittadino qualsiasi in pensione... Non capisco perché un cittadino normale, che non ha nessun ruolo istituzionale, possa essere perseguitato in questo modo. Può capitare a tutti ed è piuttosto sgradevole». Un fiume in piena, l'ex premier, che da non-indagato ha facile gioco a tirarsi fuori. «Non vedo di che cosa devo rispondere. Il vino non c'entra nulla con l'inchiesta: la mia famiglia produce vino in un'azienda, per altro ottimo... Dalla Cpl non ho avuto alcun regalo ed è ridicolo definire l'acquisto di duemila bottiglie di vino in tre anni come un mega-ordine... Quanto ai libri, nessun beneficio personale, ma un'attività editoriale legittima... Quello con la Cpl è un rapporto del tutto trasparente, ho rapporti con loro, come con altre coop e aziende private».

Eppure, assai imprevedibilmente, di diverso avviso s'è mostrata il Gip Amelia Primavera che ha firmato l'ordinanza con le intercettazioni allegate. «Appare di estremo rilievo - scrive -... oltre che per il riferimento a D'Alema... anche per il modo in cui gli interlocutori distinguono i politici e le istituzioni loro referenti, operando la netta ma significativa distinzione tra quelli che al momento debito si sporcano le mani, mettono le mani nella merda , e quelli che non le mettono». Neppure volendo premurarsi di sapere, forse, di quanto sangue e di quanta merda sia la sostanza della politica (insuperabile copyright di Rino Formica, bellezza ).

di Roberto Scafuri

Roma

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