Il timore è che la quiete sia finita. E che ora sarà la tempesta. Il segnale? «Ne sono arrivati più di cento in meno di 48 ore - riferiscono fonti della polizia di frontiera - dobbiamo attrezzarci». Gorizia, la piccola Lampedusa a un passo dalla Slovenia, sa di essere cerchiata in rosso nelle cartine che circolano tra i migranti. Da mesi i suoi boschi sono la porta scorrevole che consegna all'Italia le ombre senza nome della rotta balcanica, ma adesso è anche l'approdo privilegiato di chi viene respinto, o sa che lo sarebbe, da Vienna e Berlino. L'ultimo gruppo di migranti si è materializzato tra lunedì e ieri nell'ingolfata sede della commissione che esamina le richieste di asilo nell'estremo Nordest: una cinquantina di afghani e pakistani, tutti uomini tra i venti e i trent'anni, scaricati da qualche furgone o vagone attraverso i fragili confini del Friuli-Venezia Giulia.
Dalle verifiche della polizia, non risultano segnalati nel sistema Eurodac, la banca dati comunitaria dei migranti, ma la maggior parte di loro dice di arrivare dalla Germania. Eccola, la prima conseguenza dell'accoglienza a giorni e a barriere alterne di questa Europa in perenne emergenza e della stretta agli ingressi dei governi tedesco e austriaco, che ammettono solo i profughi di guerra. Chi scappa dalla violenza non è che una minoranza nel fiume che scorre tra il gelo dei Balcani. Per tutti gli altri l'Italia diventa la seconda meta. Un'eventualità che preoccupa il questore di Gorizia, Lorenzo Pillinini, perché «molti gruppi anziché rischiare di essere respinti al confine tedesco potrebbero optare per l'Italia». D'altra parte le autorità di Berlino sono state chiare: non faranno sconti «al flusso che proviene dalle zone sicure dell'Afghanistan. È inaccettabile - dice ministro dell'interno Thomas de Maizière -. Molte delle persone che si presentano in Germania come profughi non riceveranno lo status di rifugiato politico e non potranno rimanere.
Assieme al governo di Kabul, con cui siamo in contatto, lavoreremo per il rientro dei migranti afghani nel loro Paese». Se dunque va male con «Mama Merkel», per l'esercito dei «migranti economici», Gorizia, il piano B, è a poche centinaia di chilometri di autostrada o ferrovia. Dove le condizioni di assistenza sono anche migliori, e dove, è ormai un passaparola, viene accolto il 70 per cento delle richieste di asilo e dove, soprattutto, non c'è alcun rischio di essere respinti né rimpatriati, perché il meccanismo è ingolfato alla base. Benvenuti in Italia, prima frontiera del paradosso del regolamento di Dublino, il dispositivo finito in cima all'agenda immigrazione della commissione europea, quello che Renzi definisce ormai «politicamente morto», ma che fatica a liberarsi dai suoi stessi lacci. Basti sapere che all'unità di Dublino, l'ufficio del dipartimento immigrazione del ministero dell'Interno, a cui spetta l'esame delle prese e riprese in carico dei richiedenti asilo, con il timbro della Questura di Udine sono arrivate nei primi sei mesi dell'anno oltre 1.300 segnalazioni di migranti che non sarebbero stati di competenza italiana. Si tratta di quasi il 90 per cento dei rintracciati nello stesso periodo ai confini nordorientali.
Di questi almeno 500 dovevano essere trasferiti, secondo le verifiche dell'ufficio del Viminale. A oggi invece nemmeno un rimpatrio è stato eseguito. E le statistiche non sono incoraggianti: negli ultimi anni le riammissioni non sono arrivate a dieci.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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