L a Lega di Salvini allunga, i Cinque Stelle precipitano, probabilmente scavalcati anche dal Pd di Zingaretti, Forza Italia resiste e lo stesso vale per Fratelli d’Italia. In sintesi, il governo Conte a guida Di Maio esce massacrato dalle elezioni europee e ora si aprono nuovi scenari, anche perché, nel complesso, i sovranisti crescono ma, Le Pen in Francia a parte, non sfondano in Europa. Che rimane a maggioranza in mano ai partiti magari euroscettici, ma comunque europeisti. Più o meno, è andata com’era stato anticipato dai sondaggi pre elezione e le urne confermano per l’ennesima volta che l’unica maggioranza politica e non artificiale possibile in Italia è quella del vecchio centrodestra, sia pure con la non trascurabile novità, e conferma, di una guida leghista. Lo sconfitto principe è Luigi Di Maio, il professorino che annunciò dal balcone di avere cancellato la povertà e che annunciò un boom economico per il 2019 lascia sul campo in un solo anno oltre quattro milioni di voti. Matteo Salvini ne deve prendere atto, perché non sta in piedi che quello che nel Paese reale è oggi il terzo partito - i Cinque Stelle - sia l’azionista di maggioranza in Parlamento e nel Paese. Il vincitore più importante, per quello che ci riguarda, non è tanto Salvini (la cui cavalcata era data per scontata) ma Silvio Berlusconi, che è riuscito miracolosamente a tenere Forza Italia sopra la linea di galleggiamento, lasciando così aperta la strada a un’alternativa politica ed elettorale all’innaturale maggioranza gialloverde. I giochi quindi, per la prima volta dal 4 marzo scorso, si riaprono in maniera concreta. Anche perché la mancata spallata populista in Europa toglie al governo Lega-Cinque Stelle la speranza di poterla furbescamente sfangare sui conti fuori controllo, sul rispetto dei trattati e dei contratti internazionali a partire da quello della Tav. Oggi è un po’ come essere il giorno dopo una colossale sbornia. La testa ancora gira, le idee sono confuse e le gambe un po’ malferme, ma il peggio sembra essere passato e occorre solo aspettare che la ragione torni padrona della mente e del corpo. E la ragione non può che dire che al più presto va chiusa questa drammatica esperienza di governo, frutto di un’ubriacatura collettiva e di non pochi tradimenti da una parte e dall’altra. Poco importa cosa oggi diranno i leader, chi se ne frega delle loro parole rassicuranti o tese a minimizzare il disastro. Il famigerato «contratto» da oggi è ufficialmente carta straccia.
Non solo perché lo dicono gli italiani ma anche perché le ferite che Salvini e Di Maio si sono inferte per tutta la campagna elettorale sono profonde e insanabili. Almeno una cosa buona questa volta l’ha fatta, cioè permettere di certificare un grande bluff. Adesso tocca al presidente Mattarella trovare la soluzione più efficace. Buon lavoro.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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