Cronache

Il governo riparte da allarme incendi e alluvioni. Il premier ai ministri: "E adesso determinazione"

Sì in Cdm allo stato di emergenza da Sud a Nord. Soddisfatta la Gelmini

Il ministro Maria Stella Gelmini
Il ministro Maria Stella Gelmini

Solo tre parole, all'inizio della riunione, ma bastano per dare il senso. «E adesso determinazione», dice Mario Draghi aprendo il primo Consiglio dei ministri post estivo. Pure la data scelta, subito, il 26 agosto, senza nemmeno aspettare settembre, è un segnale preciso della velocità che il premier vuole imprimere all'agenda. Bisogna sbrigarsi, perché c'è parecchio lavoro da fare nei prossimi mesi: testa sui dossier, le polemiche politiche devono restare fuori dalla stanza. Si ricomincia con gli incendi, i sussidi e lo stato di emergenza per quattro Regioni devastate dai roghi. La situazione nel Sud è pesante e, come dice Stefano Patuanelli, «il governo deve intervenire immediatamente». Arriveranno aiuti e soldi per la Calabria, la Sicilia, la Sardegna e il Molise e anche per le zone lombarde colpite dalle alluvioni.

«Questo significa più risorse - spiega Mariastella Gelmini - e non lasciare soli i cittadini». Le reazioni sono positive. «Con la decisione dell'esecutivo - commenta Licia Ronzulli, vicepresidente di Forza Italia al Senato - sarà possibile mettere in sicurezza le aree a rischio e riparare i danni del maltempo in attesa dei fondi del Pnrr». E Roberto Occhiuto, candidato del centrodestra per la Regione Calabria, parla di «ottima risposta, ora aspettiamo un aggiornamento della legge sugli incendi».

Una ripartenza soft, istituzionale, tuttavia, spiegano a Palazzo Chigi, la macchina non si è mai spenta. «Vacanze? Che sono?», aveva detto Draghi a fine luglio, e in effetti il presidente del Consiglio è stato avvistato solo una volta sotto Ferragosto in un supermercato di Città della Pieve mentre faceva la spesa. Poi la crisi afghana lo ha assorbito. Le telefonate con gli altri leader europei, la mediazione con Russia e Cina, il G7, il confronto con Joe Biden, l'evacuazione da Kabul.

Ma c'è anche un programma interno da proseguire, scansando le varie liti tra i partiti. Lavoro, giustizia, trasporti, regia del Recovery Plan, fisco, concorrenza, tanto per citare i punti più importanti. A settembre le Camere dovranno sbrigarsi ad approvare la riforma del processo penale e a convertire in legge i decreti sul green pass e della crisi d'impresa. Intanto, mentre i ministri Franco e Orlando da giorni si scontrano sul nuovo regime degli ammortizzatori sociali, l'esecutivo affronterà la curva più pericolosa, la riforma delle tasse. Tra voglia di abbassare le aliquote e i pochi soldi a disposizione, Draghi è chiamato a risolvere un'equazione impossibile.

Poi c'è sempre il bersaglio principale, la missione per la quale è nato il governo: il Pnrr. Incassato qualche settimana fa l'anticipo di 24,5 miliardi, ora bisogna stringere: secondo le stime del ministero dell'Economia, per ottenere la prima rata del 2022 l'Italia deve raggiungere 51 obbiettivi. Semplificazioni, ammodernamento dei trasporti, nuove regole sulla concorrenza: e tutto ciò si intreccerà con la manovra. Sarà battaglia sul fisco. Tutti d'accordo sul ridurre la pressione, però sul come le distanze permangono. Le proposte dei partiti prefigurano interventi per 15/20 miliardi ma sul piatto al momento ce ne sono soltanto quattro o cinque. Pochi i margini per operare in deficit, visto il maxi debito di 140 miliardi accumulato in un anno e mezzo di Covid. Se poi aggiungiamo quota 100, il reddito di cittadinanza e il vaso di Pandora della cassa integrazione, ecco che le parole di Mario Draghi, «e adesso determinazione», diventano un invito pressante.

Fallire non è un'opzione.

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