Il governo sotto assedio dal Sud, un vero paradosso considerato che l'esecutivo Conte è a forte impronta meridionale (la maggioranza dei ministri sono del Sud, ben tredici su ventidue, a partire dal premier che è foggiano) e ha persino un ministero apposta per il Sud, guidato dal meridionalista dem Peppe Provenzano. Ancora più paradossale se si pensa che proprio al Sud si concentrano i governatori di area governativa, dalla Campania alla Puglia, ma sono proprio loro i più attivi nel contestare il governo, molto più dei governatori del Nord di area centrodestra. Al centro della questione ci sono i soldi, i miliardi in arrivo dalla Ue che fanno gola alle casse dissestate degli enti pubblici meridionali e ai loro amministratori. La rivendicazione ha come epicentro la Campania di Vincenzo De Luca, ma si è estesa anche al Parlamento, dove tra l'altro siede uno dei suoi due figli, Piero De Luca, deputato Pd eletto nel 2018 sotto l'ala paterna. Dopo una riunione in teleconferenza voluta dal presidente della Campania, l'animatore della rivolta sudista, anche gli altri governatori meridionali hanno sottoscritto una lettera al premier Conte, a cui chiedono un incontro e a cui esprimono «viva preoccupazione per lo stato del confronto sull'effettiva utilizzazione» delle risorse del piano Ue. Quel che contestano è che la maggioranza dei soldi non sia destinata al Sud, ma venga distribuita su base demografica. Una distribuzione che non va affatto bene ai governatori, specie a De Luca che la definisce «un furto intollerabile ai danni del Sud», perché a suo dire i fondi di Next generation Eu «sono destinati soprattutto a recuperare il divario tra Nord e Sud», e non devono quindi andare per due terzi al Nord (l'area del Paese più colpita dal Covid19, tra l'altro) e al Centro ma in maggioranza al Sud dove ci sono più disoccupati. La rivolta sudista si è allargata al Parlamento dove una pattuglia di deputati meridionali ha lanciato un appello rivolto a tutti i colleghi per creare un intergruppo parlamentare denominato «Recovery per il Mezzogiorno». A firmare la chiamata alle armi «neoborboniche» è un gruppo di deputati tra cui Catello Vitiello, ex M5s ora in Italia viva, poi appunto Piero De Luca figlio del governatore campano, il renziano napoletano Gennaro Migliore, e poi un'altra ventina di parlamentari tra cui molti grillini meridionali. Nella loro richiesta di adesione, in cui si annuncia una conferenza stampa dopodomani, il succo è lo stesso della lettera dei governatori del sud, ottenere cioè da Conte di assegnare più risorse al Mezzogiorno rispetto al resto del Paese, «affinché il Recovery fund sia per il Sud ciò che il Piano Marshall è stato per l'Italia del dopoguerra», scrivono.
Ad aggravare il clima politico nel Meridione, soprattutto in Campania, sono le restrizioni imposte per l'emergenza sanitaria. Come nelle settimane scorse è a Napoli che la protesta è più forte. Da due giorni i commercianti e ristoratori sono scesi in piazza contro l'ordinanza della Regione Campania che nel giro di poche ore ha cambiato lo status del territorio regionale, passato da zona «gialla» (per decreto nazionale) ad «arancione» (per delibera regionale) «mandando in tilt - denuncia la Confesercenti campana - le migliaia di aziende legate al food della Campania, circa 100mila».
Una cinquantina di ristoratori hanno bloccato il traffico su un tratto del lungomare di Napoli in segno di protesta già la sera di sabato, poi ancora ieri ancora un altro blocco, sospeso quindi in attesa del risultato della riunione convocata dalla Regione con i rappresentanti delle Camere di Commercio «per avviare da subito le attività finalizzate al riconoscimento dei ristori» ai commercianti. «Saremo vicini e daremo tutto l'aiuto possibile agli operatori la cui attività viene bloccata. Ma è doveroso mantenere una linea di rigore e di responsabilità» la linea di De Luca.
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