S uonato, bollito, sfinito, sfiatato, sull'orlo di una crisi. «È cotto», dicevano, non arriverà ad agosto, prevedevano, al massimo dovrà gestire l'ordinaria amministrazione. Invece eccolo Paolo Gentiloni, rafforzato dopo il via libera del Senato al decreto vaccini, rinfrancato dai 173 voti ottenuti senza nemmeno dover mettere la fiducia, addirittura irrobustito dall'uscita dal governo del ministro Enrico Costa. Altro che caduta imminente. E siccome in Italia non c'è niente di più stabile del precario, il premier comincia guardare, con cautela per carità e senza dirlo troppo in giro, anche verso il dopo elezioni.
Certo, i problemi ci sono ancora tutti, a cominciare dal più grande, la legge di stabilità del prossimo autunno. L'Europa incalza, si prevede una manovra dura, contrastata e senza padri: a pochi mesi dal voto, nessuno se la vorrà intestare. Ma lui si dice fiducioso. «Si faticherà meno del previsto», sostiene, grazie a un miglioramento generale dei conti e delle previsioni di crescita e a una certa dose di flessibilità promessa dalla Ue.
Sotto traccia, con il suo passo felpato democristiano, Er Moviola resta dunque in sella in sella. «Nessuna crisi, andiamo avanti - racconta ai suoi - . La maggioranza per arrivare alla fine della legislatura c'è». Beninteso, non si tratta di una maggioranza a prova di bomba. Già adesso i bersaniani di Mdp e gli alfaniani di Ap non mancano occasione per prendere le distanze dall'esecutivo «amico», figuriamoci che cosa potrà succedere quando si discuterà della Finanziaria e dello ius soli. Per non parlare del bizzarro rapporto con Matteo Renzi. Fino a poco tempo fa il segretario del Pd aspettava solo il momento giusto per far saltare il banco, ora sembra rassegnato: «Tutti noi sosteniamo il presidente Gentiloni fino alle elezioni del 2018. Le dimissioni di Costa? Per il governo non cambia niente, si andrà a scadenza naturale».
È il paradosso di Paolo il freddo. I centristi lo criticano, il Pd si fida di lui solo fino a un certo punto, Mdp è sempre tentato dalla spallata. Però tutti si fermano un metro prima, per farlo galleggiare e non cadere, per indebolirlo senza arrivare alla crisi. Però così facendo gli «amici della maggioranza» stanno ottenendo l'effetto opposto a quello voluto. Lo stanno rafforzando.
Gentiloni insiste a tenere il profilo basso. Sa di avere Sergio Mattarella alle spalle, che gli ha aperto un ombrello di protezione: se mai ci fosse un incidente parlamentare, se dovesse davvero cadere, il capo dello Stato è pronto a conferirgli un reincarico. Sa di essere un punto di riferimento pure per Giuliano Pisapia, che per riunificare la sinistra conta sul buon senso del Moviola. Sa insomma di non avere al momento avversari credibili o alternative pronte. Due mesi fa l'uscita di un ministro avrebbe provocato le elezioni anticipate, ora non se ne accorto nessuno.
Però ragazzi, niente esaltazioni, pancia a terra e lavorare. «C'è bisogno di tempo e stabilità», ripete il premier, e trova sponda in Forza Italia. Paolo Romani, capogruppo al Senato, rivendica l'atteggiamento responsabile di Fi. «Sui vaccini abbiamo inoculato equilibrio e buon senso, grazie al nostro impegno è stato possibile migliorare il provvedimento.
La buona politica e la buona opposizione passano anche attraverso un'analisi della realtà contingente, cercando di fare breccia nel muro di una maggioranza». Insomma, se c'è una tregua di fatto si vedrà in autunno, quando si riparlerà pure di legge elettorale.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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