Un piccolo sconto. Un taglietto sulla terza rata del Pnrr: 400 milioni su 19 miliardi, che volete che sia? Ma a Palazzo Chigi l'ipotesi che Bruxelles possa congelare una parte della somma che l'Italia aspetta da mesi «non è contemplata, anzi attendiamo novità a breve». Va bene i ritardi, d'accordo sulle difficoltà di «chiudere i progetti», però al momento, dopo una giornata di tensioni e di silenzi ufficiali, la linea resta quella che Giorgia Meloni ha ripetuto ieri. «Il nostro piano è il più grande d'Europa. La scadenza per proporre modifiche è sempre il 31 agosto e il ministro Fitto sta lavorando con la Commissione per assicurare la piena attuazione degli interventi». Dunque, «siamo nei tempi».
E pure il vicepremier Antonio Tajani si dichiara «convinto che per la terza tranche sia questione di giorni». Certo, se poi la Ue insiste, «se ci dovesse essere l'esclusione di una piccola parte, l'Italia presenterà le sue osservazioni». Però allo stato nessuna marcia indietro. «Roma ha le carte in regola, ha fatto i compiti a casa. Non dobbiamo rinunciare a un pezzo dei fondi, si possono utilizzare tutti discutendo con Bruxelles e trovando i giusti cambiamenti che servono per affrontare la crisi. Dal coronavirus a oggi la situazione è diversa». E poi, spiega il ministro degli Esteri, non siamo i soli in queste condizioni, «altri Paesi hanno subito delle contestazioni dalla Commissione, la Germania ad esempio ha un contenzioso molto più severo del nostro». Come se ne esce? «Trattando. Serve flessibilità da entrambe le parti».
Non sarà facile. La premier, che volando sulla Romagna alluvionata con Ursula von der Leyen ha ricevuto «adeguate rassicurazioni», sparge comunque ottimismo. «In questi giorni - racconta al Messaggero - abbiamo completato la fase di ricognizione con le amministrazioni centrali e nelle prossime settimane, come stabilito con l'Unione Europea, si intensificherà il confronto per formalizzare le proposte di modifica. Non siamo in ritardo, ad oggi soltanto cinque Stati hanno depositato le loro revisioni integrandole con il RepowerUe». E quindi «faremo tutto quello che c'è da fare per far arrivare a terra le risorse in modo utile e efficiente». Quanto ai ritardi burocratici, «la capacità di spesa è un problema storico». Proprio per questo, conclude la premier, «per garantire maggiore sinergia, le deleghe del Pnrr e quelle delle politiche di coesione sono state accorpate». Ora tocca a Raffaele Fitto pedalare.
Il quale Fitto ha le sue grane pure con la Corte dei Conti, che giorni fa ha ripreso il governo lamentando proprio dei ritardi di spesa. «Serve un approccio costruttivo di tutti, affinché i progetti si realizzino e si rendicontino in maniera adeguata», la risposta del ministro.
E a Palazzo Chigi si fa strada l'idea di ridefinire il perimetro della magistratura contabile sul Pnrr per evitare, come sostiene il titolare degli Affari europei, «di sovrapporre i controlli con quelli della Ue e rispondere con più efficacia alle richieste della Commissione». Anche il sottosegretario all'Economia Federico Freni vorrebbe una revisione dei rapporti.
«Se qualcuno mi chiede se voglio togliere il controllo concomitante della Corte dei Conti dico no. Se mi domandano di rivedere la disciplina sul piano, assegnando la primazia ai controlli europei, allora rispondo di sì».
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