Debole, precario, addirittura «fragile», come lui stesso ha ammesso sabato scorso. Eppure Paolo Gentiloni esce indenne pure dalla sfida infuocata delle mozioni sulla Consip. Il governo barcolla ma non cade, sbanda senza deragliare e la sua stabilità nell'effimero sta diventando un punto di forza.
Del resto, rivela al Corriere Denis Verdini, Renzi lo sognava proprio così. «È stato Matteo a dirmi di non entrare. Lui voleva un governo fragile». E questa, sostengono i suoi nemici, forse è una delle poche cose vere uscite dalla bocca del segretario.
All'amico Denis, negli ultimi mesi, Renzi ha detto anche una serie di altre cose. Ad esempio, che Sergio Mattarella gli avrebbe dato le elezioni a giugno, però «era ovvio che non fosse così». O che avrebbe tenuto duro sul maggioritario: «Il Rosatellum era perfetto, al Senato avremmo avuto 171 voti». Peccato che, «siccome Alfano voleva far saltare tutto», l'ex premier abbia virato sul proporzionale. Saltato pure quello. «Leggo che ora intende fare un listone da Pisapia a Calenda. Ma Calenda non lo vota manco la madre, perché la Comencini è di sinistra».
Al netto della parziale smentita del giorno dopo, il dato politico è che ormai nemmeno Verdini si fida più del segretario del Pd. Troppe giravolte, troppi cambi di idee, la tattica soffoca la strategia. E se persino un tipo navigato come il gran capo di Ala comincia a prendere le distanze, forse significa che Matteo sta pagando qualcosa per colpa di quello ritenuto il suo più grande difetto, la scarsa affidabilità.
«Enrico stai sereno». Sono passati più di tre anni e mezzo dal tweet con cui l'allora rampante neo segretario stroncò il governo Letta, che a dire il vero già boccheggiava di suo dopo l'uscita di Forza Italia dall'esecutivo e dalla maggioranza. Tre anni e la ferita nel centro sinistra è ancora aperta. Che dire poi dei rapporti con Silvio Berlusconi? Dal Patto del Nazareno all'intesa anti-Cavaliere sul Quirinale per recuperare la minoranza interna, fino ai segnali contrastanti di fumo per la prossima legislatura in caso di pareggio: la linea cambia spesso.
E le oscillazioni a quanto pare proseguono. Magari il tira e molla con Giuliano Pisapia è solo apparente, i due si metteranno d'accordo. Però, sempre nel quadro delle alleanze per le elezioni, negli ultimi giorni si segnala un certo nervosismo di Carlo Calenda, che Renzi vorrebbe arruolare per coprirsi al centro.
Il ministro dello Sviluppo, scottato dalla recente campagna del Pd contro «i tecnici», non si sbilancia e aspetta che la sua legge sulla concorrenza ottenga lo stesso ombrello concesso alla riforma penale di Orlando, ovvero la fiducia. Quanto ad Angelino Alfano, il grande amore è finito ma non si sa mai.
Brutta storia per un politico la perdita di credibilità.
«Matteo Renzi è un sabotatore di professione del suo partito», commenta Luigi Di Maio. Gli ex scissionisti di Mpd non ne vogliono più sentire parlare e restano in maggioranza soltanto per non finire disoccupati. Ma se anche gli alleati più fedeli iniziano a prenderlo per le molle...- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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