Il governo vigila sul Biscione e il Cav è pronto sulle banche

Calenda: "Basta invasioni speculative". Il leader di Fi apre a Gentiloni sul salvataggio Mps: interesse nazionale

Il governo vigila sul Biscione e il Cav è pronto sulle banche

Il primo a togliere d'impaccio il premier Paolo Gentiloni è stato proprio Silvio Berlusconi, leader dell'opposizione e azionista principale di Fininvest e Mediaset. «Noi ci siamo su tutto, a partire da Mps. Sarebbe un peccato se dovesse finire male. Io sono legato a quella banca, è stata la prima a concedermi un mutuo», ha detto ieri il Cavaliere alla cerimonia degli auguri al Quirinale rivolgendosi al capo del governo. «Bisogna assolutamente salvarla, checché ne dica l'Europa, altrimenti sarebbe un disastro per il Paese», ha concluso Berlusconi.

Il riferimento alla Commissione Ue, che ha già messo in guardia l'Italia, non è casuale in quanto, oltre a Mps, il governo ha un altro problema che si chiama proprio Vivendi-Mediaset. Il ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, deputato a seguire il dossier, tiene ben nascosto il jolly a disposizione. Il titolare del dicastero di Via Veneto si è limitato ieri a ribadire il proprio pensiero sulla scalata tramite un intervento sul Sole 24 Ore.

«Un'operazione condotta in modo ostile e opaco, realizzata in un momento di transizione politica complessa e rivolta verso un'azienda che opera in un settore sensibile come quello dei media», ha scritto. «Ritengo che tutti questi elementi giustifichino una ferma presa di posizione del governo per sottolineare che esiste una differenza tra accogliere gli investitori stranieri che hanno un progetto e diventare terreno aperto per ogni incursione speculativa», ha aggiunto.

Che cosa significa questa presa di posizione? Semplicemente che, per il momento, il governo si atterrà alle indicazioni dell'Agcom, l'Authority delle comunicazioni che ha già precisato come il Testo unico della radio-tv vieti all'azionista di controllo di un operatore che detiene il 40% del mercato tlc di acquisirne uno che abbia più del 10% di quello media. «È bene che si diano segnali precisi perché le norme non possono essere in alcun modo aggirate», ha chiosato Maurizio Gasparri, vicepresidente del Senato ed estensore della legge in vigore. «La legge Gasparri è chiara: cosa aspetta l'arbitro a portare il fischietto alla bocca?», ha aggiunto.

I contatti e i monitoraggi tra Antitrust, Agcom e Consob sono quotidiani, ma le autorità poco possono dinanzi all'iperattivismo di Bolloré. Vivendi controlla il 23,9% di Telecom ed esprime quattro consiglieri sugli attuali 16. Di fatto non è né azionista di controllo né di riferimento, pur dettando legge nell'ex monopolista. E quand'anche scattasse il divieto della Gasparri, Vivendi potrebbe lanciare lo stesso un'Opa su Mediaset (e a cascata su Telecinco ed EiTowers) e poi procedere a uno spezzatino per scendere sotto il famigerato 10 per cento.

Ecco perché il governo e Calenda hanno tenuto il jolly nella manica: la legge anti-Opa francese, che Giulio Tremonti cercò di recepire nel 2011 per fermare la scalata di Lactalis a Parmalat. Dichiarando i media e le tv un settore di interesse strategico per la nazione, si potrebbe bloccare un tentativo ostile di Vivendi, seguendo l'esempio transalpino nel caso Enel-Suez. La cautela di Gentiloni e di Calenda muove dal fatto che tale iniziativa si configurerebbe come un altro stop alle norme Ue che impongono l'apertura dei mercati dopo quello al bail in nel caso ormai probabile di un intervento pubblico nel Monte.

L'apertura di Berlusconi su Mps, nel nome dell'interesse nazionale, toglie le castagne dal fuoco a Gentiloni. Senza contare che con una Mediaset francese anche la Rai, in prospettiva, sarebbe un vaso di coccio in mezzo a vasi di ferro.

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