Il gran rifiuto degli Stati Uniti al ministro Zarif «No al visto, domani non sarà alle Nazioni unite»

Battaglia diplomatica. Allarme dell'intelligence: «Possibili attacchi coi droni»

Valeria Robecco

New York Si gioca sul filo della diplomazia l'ultimo capitolo dello scontro tra Washington e Teheran. Dopo il raid americano che ha portato all'uccisione del generale iraniano Qassem Soleimani, la minaccia di rappresaglie da parte della Repubblica Islamica e le contro-minacce degli Usa, il ministro degli Esteri iraniano Mohammad Javad Zarif ha confermato le notizie secondo cui l'amministrazione di Donald Trump gli avrebbe negato il visto per partecipare giovedì a una riunione del Consiglio di Sicurezza dell'Onu, a New York. «Il segretario di Stato Usa Mike Pompeo ha detto in una telefonata al segretario generale delle Nazioni Unite che non emetteranno un visto per me perché non hanno avuto tempo di farlo, ma il mondo non è solo New York e quindi parlerò al popolo americano da Teheran», ha detto Zarif. A suo parere, secondo quanto riporta l'Isna, la decisione è «un segnale del fallimento del governo americano e del regime di Trump». «Di cosa hanno davvero paura? Della verità?», ha aggiunto, precisando che negargli il visto «impallidisce in confronto alla minaccia di Pompeo di ridurre alla fame gli iraniani (crimine contro l'umanità), l'arroganza di Trump sui siti culturali (crimine di guerra), il terrorismo economico, l'assassinio codardo». E ribadendo che «l'Iran compirà certamente un'azione di rappresaglia contro gli Usa per vendicare l'uccisione di Soleimani, e se ne assumerà la responsabilità».

Più sibilino il titolare della diplomazia di Washington: «Adempiremo sempre ai nostri obblighi ai sensi delle disposizioni delle Nazioni Unite e dell'accordo sul quartier generale Onu. Lo faremo in questo caso particolare e più in generale ogni giorno», ha detto Pompeo senza però confermare se il visto sarà concesso o meno. In base all'accordo del 1947, gli Stati Uniti sono tenuti a consentire l'accesso al Palazzo di Vetro ai diplomatici stranieri, salvo ritengano ci siano motivi di sicurezza. Nessuna risposta neppure dal Palazzo di Vetro: «Sullo status del visto è meglio chiedere alle missioni di Iran e Usa», ha commentato il portavoce dell'Onu Stephane Dujarric. «Il segretario generale Antonio Guterres e il suo consigliere legale hanno ripetutamente condiviso l'opinione che l'accordo sul paese ospitante deve essere rispettato», ha spiegato, sottolineando come Guterres «rimane in stretto contatto con il dipartimento di Stato».

Per quanto riguarda la minaccia di Trump di colpire anche siti culturali iraniani in caso di rappresaglia di Teheran, gli Usa stanno gettando acqua sul fuoco. «Rispetteremo le leggi di un conflitto armato», ha assicurato il capo del Pentagono, Mark Esper. Mentre Pompeo ha affermato che ogni possibile obiettivo esaminato dagli Stati Uniti rientrerà nelle leggi internazionali sulla guerra. In ogni caso il titolare di Foggy Bottom ha difeso come una «decisione giusta» quella con cui il tycoon ha autorizzato l'uccisione di Soleimani, e si è detto convinto che se l'Iran farà un'altra cattiva scelta, il presidente risponderà come ha fatto la scorsa settimana, «in modo deciso e serio».

Intanto la Cnn, citando due dirigenti Usa, ha affermato che le forze americane e le batterie missilistiche per la difesa aerea in Medio Oriente sono state poste in stato di massima allerta contro eventuali attacchi con droni, dopo l'escalation della tensione con Teheran. L'intelligence di Washington, secondo le stesse fonti, ha osservato negli ultimi giorni movimenti di equipaggiamenti militari in Iran, compresi droni e missili balistici.

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