Politica

Grande Fratello più forte, da oggi tutti meno liberi

La Finanza potrà accedere più facilmente all'anagrafe dei conti correnti. Maggioranza a pezzi

Roma. Una maggioranza allo sbando ha approvato il decreto fiscale alla Camera. Archiviato il voto di fiducia (i sì sono stati 310, 40 in meno del voto di giugno che diede il via al governo), nel pomeriggio è arrivato il via libera definitivo (272 sì) poiché Montecitorio non ha modificato il testo del Senato. Fibrillazioni determinate anche dalla maldigerita fiducia cui la Lega è stata costretta al Senato sul ddl anticorruzione che allunga la prescrizione dopo il primo grado (dal 2020), introduce l'agente sotto copertura, il Daspo a vita per corrotti e corruttori e aumenta le pene per il reato di corruzione impropria ed esclude anche le misure alternative alla detenzione.

Prima di entrare nel merito del problema politico occorre, però, ricordare quali sono gli assi portanti del collegato alla manovra. In primo luogo, c'è la pace fiscale depotenziata e ridotta a una rottamazione ter e allo sconto sulle liti fiscali pendenti (10% se il ricorso è pendente; 60% se si è vinto in primo grado contro le Entrate, 95% se si è vinto pure in secondo grado). Saltata definitivamente la dichiarazione integrativa speciale che avrebbe permesso di condonare imposte non dichiarate fino a 100mila euro per ogni anno dal 2013 al 2017. Non vedrà la luce nemmeno nella manovra dove verrà inserito il «saldo e stralcio» delle cartelle. Gli incentivi per l'unificazione della rete Tim con quella di Open Fiberchiudono la carovana del decreto omnibus.

Opposizioni scatenate contro l'obbligo di fatturazione elettronica tra privati in vigore da gennaio. Fdi ha organizzato una manifestazione in Piazza Montecitorio con il popolo delle partite Iva. «Chiediamo al governo di trovare 2 miliardi di euro che servono per non farla entrare in vigore, se necessario togliendoli dal reddito di cittadinanza», ha dichiarato Giorgia Meloni schierandosi « al fianco di quel mondo che non chiede sussidi di Stato ma solo la libertà di poter lavorare». «A pagare saranno sempre gli stessi, i contribuenti onesti, i ceti produttivi usati dal governo come un bancomat», ha dichiarato Sestino Giacomoni (Fi).

Da segnalare che durante la votazione di due ordini del giorno del Pd i deputati di M5s e Lega hanno combinato un pasticcio. Il governo ha accolto con riformulazione un odg della deputata Bruno Bossio sul sistema portuale calabrese ma l'esponente piddina ha chiesto il voto. Mara Carfagna (Fi), in quel momento presidente, ha ripetuto tre volte ai deputati che il governo era favorevole, ma M5s e Carroccio hanno mandato sotto il governo. Nella votazione successiva la proposta di Susanna Cenni è stata accolta ma la maggioranza si è spaccata perché M5s ha votato a favore e la Lega contro. Il caos, insomma, regna sovrano.

GDeF

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