Grasso guida gli ostruzionisti per difendere il "suo" Senato

L'apparato burocratico di Palazzo Madama teme di perdere poltrone e privilegi. Tutto è nelle mani del presidente: gli emendamenti possono bloccare i lavori a lungo

Grasso guida gli ostruzionisti per difendere il "suo" Senato

Cento tomi di mille pagine ciascuno: gli emendamenti alla riforma costituzionale sono pronti, e aspettano il ritorno dei senatori, il fatidico 8 settembre.

Per dedicarsi all'opera titanica di esaminare, catalogare e preparare in bella copia i 513mila emendamenti, ben centocinquanta funzionari del Senato hanno sacrificato le ferie. Il presidente Grasso loda la loro «dedizione al lavoro», e in effetti passare l'estate a leggere gli emendamenti di Calderoli o di Gotor non è proprio un esempio di vacanze intelligenti, ma il sacrificio è ben motivato: è una battaglia per la sopravvivenza. Non è un segreto per nessuno, negli ovattati corridoi di Palazzo Madama, che la burocrazia del Senato tifi contro la riforma che smonta il bicameralismo e il Senato elettivo, e che nel medio periodo finirebbe per smontare anche il loro posto di lavoro. E che dunque abbia dato il suo qualificatissimo contributo per aiutare Calderoli, la minoranza Pd, Sel e i grillini ad allestire oculatamente la trincea dell'ostruzionismo paralizzante che si è abbattuto sul ddl Boschi. «Se veramente ci ritroveremo a dover esaminare e votare 500mila proposte di modifica, il Senato resterà bloccato per tre anni», dicono al gruppo Pd.

Per uscirne e sopravvivere ai numeri claudicanti di palazzo Madama, il governo Renzi dovrà trovare soluzioni tecniche e accordi politici, di qui all'autunno. E dovrà aggirare le trappole e gli ostacoli che i vertici del Palazzo dissemineranno sul suo cammino. Si sa che il presidente Grasso è un fiero avversario della riforma, su cui si è scontrato con Renzi fin dalla sua presentazione. E i suoi poteri sono molto estesi: dipenderà da lui l'ammissibilità o meno degli emendamenti, la riapertura del pericolosissimo articolo 2 sull'elettività dei senatori, l'applicazione del «canguro» contro l'ostruzionismo, l'applicazione del voto segreto. Non è un caso se Mattarella ha messo in calendario un incontro con lui, per sondarne le intenzioni e forse sminarne le velleità combattive, a settembre.

Al fianco di Grasso, come dioscuri silenziosi ma combattivi, lavorano per affossare la riforma la potente segretaria generale del Senato Elisabetta Serafin (la signora platinata e - secondo i maligni - ben ritoccata che lo affianca spesso in aula)e il suo vice Federico Toniato, già segretario generale di Palazzo Chigi con Monti. Del quale era il vero braccio destro: raccontano che sia stato lui il plenipotenziario dell'ex premier nella preparazione delle liste elettorali di Scelta civica, colui che metteva veti o imponeva candidati. Vantando un filo diretto col Vaticano: ricordano gli ex Sc che Toniato a volte si appartava al telefono, sostenendo di dover «parlare con l'Appartamento», prima di dare via libera ad un nome. «Non sappiamo se bluffasse o parlasse veramente con Ratzinger e i suoi, ma certo ci teneva a farlo sapere», raccontano i testimoni. Fu sempre lui a spingere Monti a candidarsi alla presidenza del Senato, nel caos post elettorale del 2013, causando un incidente diplomatico con Napolitano.

L'operazione non riuscì, ma ora Toniato - tornato a fare il funzionario al Senato e nominato vicesegretario generale - affianca solerte Grasso, insieme alla bionda Serafin, e lo guida nei meandri del regolamento. E insieme costituiscono quella che il Quotidiano nazionale ha definito «la Trimurti di Palazzo Madama», principale ostacolo sulla strada della riforma di Renzi.

Commenti
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica