Matteo Salvini non ha paura di essere processato. Tanto che domani sarà in aula al Senato, dove interverrà per dire le sue ragioni sul caso Gregoretti. La prima a parlare sarà la relatrice Erika Stefani, che dovrà riferire sul voto della giunta dello scorso 20 gennaio. Ieri si era diffusa la voce che dopo l'appello dell'ex ministro Giulia Bongiorno, dalle pagine del Corriere della Sera, a non avallare «la linea dell'autorizzazione a procedere nei suoi confronti», il leader della Lega ci avesse ripensato e che i 60 parlamentari leghisti avrebbero deciso di abbandonare l'emiciclo. In realtà Salvini pare non aver neanche preso in considerazione l'idea.
«Certo sarò in aula - ha ribadito chiarendo di non volersi sottratte alle sue responsabilità -. Non vedo l'ora di andare a processo perché ritengo di aver fatto il mio dovere. Difendere i confini dell'Italia e degli italiani. E se per qualcuno è un crimine, allora chiariamola una volta per tutte». Per la Bongiorno un voto favorevole dei leghisti in aula equivarrebbe quasi a un'ammissione di responsabilità, ma l'ex ministro dell'Interno la vede in maniera diversa. Gli scenari possibili sono due: o il Senato recepirà quanto deciso dalla giunta, oppure voterà un orientamento diverso. In questo caso serve la richiesta di almeno venti parlamentari, spinti dalla convinzione che Salvini non vada processato perché ha agito nell'interesse nazionale. Al momento la Lega non ha ufficializzato cosa farà in aula, perché Salvini è determinato ad andare a processo e sarà lui a dettare le regole ai suoi parlamentari. Certo, invece, l'ok all'autorizzazione a procedere da parte di Partito democratico, Movimento 5 stelle, Leu e Italia Viva, che hanno annunciato il loro voto favorevole. Come si ricorderà, per il caso Gregoretti la procura di Catania aveva aperto un'inchiesta e poi chiesto l'archiviazione «per manifesta infondatezza della notizia di reato». Ma i giudici avevano ribaltato la situazione e, dopo nuove indagini, avevano deciso di mettere Salvini sotto accusa per sequestro di persona, «aggravato dalla qualifica di pubblico ufficiale, dall'abuso dei poteri inerenti alle funzioni esercitate, nonché di avere commesso il fatto in danno di soggetti minori di età».
Avendo deciso Salvini di andare a processo, il relatore non sarà più il presidente della giunta Maurizio Gasparri, ma la Stefani, che dovrà spiegarne le motivazioni, per cui c'è molta attesa.
Come si ricorderà, anche per il caso Diciotti l'ex vicepremier era finito in aula, ma era stato salvato dagli allora alleati di governo pentastellati. Oggi si ritrova a dover combattere per una giustizia che in Italia pare affidata solo a dietrologie politiche, con a fianco solo i leghisti e gli esponenti di Fratelli d'Italia e Forza Italia che domani presenteranno un ordine del giorno sull'argomento. Peraltro, comunque vada, anche se ormai è scontato che Salvini andrà a processo, un nuovo capitolo si aggiunge alla storia degli sbarchi in Italia: il 27 la giunta si pronuncerà per il caso della Open Arms, per cui, nella domanda di autorizzazione a procedere in giudizio, oltre al reato di sequestro di persona, si contesta anche «l'obbligo dello Stato italiano a concedere il Pos (ovvero un porto sicuro)».
Insomma, una storia infinita di accanimenti giudiziari nei confronti di un ex ministro il cui unico scopo era quello di operare per bloccare i flussi di migranti irregolari nel nome di un'Italia in cui regni la legalità.
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