Grillini e renziani ora minimizzano il Russiagate

Il premier: «Prima al Copasir poi smentirò». Di Maio: il comitato lo convochi immediatamente

Grillini e renziani ora minimizzano il Russiagate

Alla fine, dopo dieci giorni di rivelazioni e di veleni sul ruolo dei servizi segreti italiani nel cosiddetto Russiagate, arriva il ministro degli Esteri Luigi Di Maio a cercare di spegnere l'incendio con una difesa d'ufficio dei nostri 007: «I nostri servizi parlano con gli altri servizi - dice - ci sono una serie di illazioni e dietrologie per cui questo contatto, che credo sia normale tra paesi alleati sembra che stia finendo in un complotto internazionale». Tutto normale, insomma. E col suo intervento Di Maio sembra non solo assolvere il ruolo svolto delle agenzie di intelligence nei mesi scorsi, quando su richiesta del premier Conte fornirono assistenza alle richieste della Cia in favore di Donald Trump, ma estendere retrospettivamente la sua benedizione a quel che i servizi avrebbero combinato nel 2016 quando pure fornirono assistenza agli americani: quella volta su ordine di Matteo Renzi e per sabotare le aspirazioni presidenziali di Trump.

Grillini e Renzi si troverebbero insomma concordi nel seppellire l'intera vicenda sotto una buona dose di sabbia, nella convinzione che nessuno dei due abbia interesse a accertare e rendere noto quanto davvero accaduto. E che obiettivamente non può essere risolto a una normale storia di rapporti bilaterali tra servizi segreti di due paesi alleati: se non altro la procedura del tutto anomala con cui Conte officiò nell'agosto scorso gli incontri tra il ministro della Giustizia statunitense, William Barr, con i vertici di Aisi e Aise.

Qualcosa in più si potrebbe capire il giorno che il premier si presentasse a rispondere alle domande del Copasir, la commissione parlamentare di controllo sui servizi segreti. In quella sede Conte potrebbe raccontare la sua versione sia sui contatti dell'estate scorsa che su quelli del 2016, e sostenere la sua versione con documentazione cartacea che - stando a quanto si dice in questi giorni - sarebbe rimasta nella disponibilità dei servizi e che da questi è stata passata al capo del governo. Conte assicura: «Prima ne parlerò in Copasir. Dopo sarò libero di smentire fesserie che ho sentito in questi giorni».

Nella sua intervista Di Maio sostiene che è il Copasir a tergiversare: «Il Copasir che adesso ha un presidente e che ancora non ha stabilito una data per chiamare Conte a riferire». Alla corrente di pensiero che tende a minimizzare lo scandalo porta sostegno anche l'articolo del Fatto secondo cui negli incontri di agosto e settembre non sarebbe accaduto praticamente niente (i capi di Aisi e Aise avrebbero fornito «piena disponibilità a cooperare però lungo le vie ufficiali») e anzi i nostri servizi avrebbero avuto dagli americani la garanzia che neanche nel 2016, regnante Matteo Renzi, gli 007 italiani collaborarono alle trame contro Trump. A una domanda su questo tema, «la risposta è stata un secco no».

A meno che la svolta arrivi dagli Usa, dove del ruolo dell'Italia nel Russiagate si scrive quasi tutti i giorni, l'intera vicenda è a rischio di sparire dai

radar. E l'unica a rimetterci le penne potrebbe essere la Link Campus, l'università dove insegnava l'uomo chiave oggi scomparso, il maltese Joseph Mifsud: la Link ha chiesto il concordato preventivo per evitare il fallimento.

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