Povero Guccini, stavolta gli tocca pure l' endorsement al contrario. «È il mio cantante preferito» ha detto Renzi chez Barbara D'Urso a Domenica Live . Finalmente una cosa di sinistra, alleluja. E invece apriti cielo. Chi si sente di sinistra vintage si è sentito male. La cosiddetta «base» è rimasta basita. E in pochi minuti Twitter si è ingolfato di ironia manco avessero dato un rigore alla Juve al novantesimo. Esempi in ordine sparso. «Il Maestrone si starà toccando le palle». «Ora chi glielo dice a Guccini, per certe notizie ci vuole delicatezza». «Per essere davvero di sinistra a questo punto preciso che Guccini non è il mio cantante preferito». E avanti così. Migliaia di messaggi. Il più sgradevole è stato quello di un «fake» (un profilo falso) attribuito a Stefano Fassina: «Ora Guccini si starà rivoltando nella tomba». E il bello, tanto per capire che spesso tra fake e originale non c'è poi tutta quella differenza, è che tanti lo hanno preso per vero (al punto che l'autentico Fassina ha dovuto precipitosamente smentire).
Nel frattempo Guccini, ormai beatamente ritiratosi nella sua Pavana, ha detto una cosa che non sarà né di destra né di sinistra ma è comunque da record: mai una storica icona della sinistra (la giustizia proletaria de La Locomotiva è del 1972 mica della settimana scorsa) ha dovuto smarcarsi dai complimenti di un premier di sinistra che è pure segretario del principale partito di sinistra. «Ringrazio ma sono innocente», ha subito detto all' Huffington Post con la sua ironia disillusa. Ieri ancora più tranchant a Un giorno da Pecora su Rairadiodue: «Fatti suoi». In fondo, per il Maestrone «anche Alfano tempo fa mi aveva messo in cima ai suoi gusti musicali, direi che siamo uno a uno». Ennò qui siamo in presenza di un endorsement al contrario che vale doppio. Volendo, dietro queste risatine via social, c'è il malessere diffusissimo, quasi virale, di una sterminata quantità di persone che, già privata e provata dall'assenza di un pericolo pubblico numero uno (il Cav), ora vede lentamente destrutturarsi anche lo storico tabernacolo degli eroi, dei punti di riferimento, dei duri e puri ai quali ha consegnato per decenni le chiavi della propria coscienza, specialmente politica. Insomma, senza volerlo il premier di sinistra ha reso orfana la sinistra. Oppure ha sdoganato a destra un simbolo pop della sinistra.
Oddio, non che Guccini ne avesse poi così bisogno. Da anni e anni, ribadisce ogni volta che può la propria «altritudine», il non essere allineato, l'avere sì una matrice culturale e politica di sinistra ma non di tutte le sinistre, specialmente di quelle attuali. Una camminata in equilibrio su di un filo a mille metri d'altezza teso tra la (propria) storia e il (proprio) presente. In Italia dagli anni Settanta basta la parola: Guccini. Nell'immaginario collettivo (figura vaga ma inequivocabile) Guccini vuol dire sinistra, prima Pci poi tutte le sue diramazioni rifondarole o vendoliane o quel che volete. Dici Guccini e pensi Festival dell'Unità. Dopotutto il destino dei grandi artisti di massa è legato quasi sempre alle prime canzoni famose, che diventano subito gloriosi biglietti da visita poi abiti da sera e infine spesso cappottoni ingombranti e magari pure stazzonati. E forse anche a Guccini è capitato così.
Però c'è un però.
In tutta la sua presunta voglia di rottamare, a Renzi qualcosa sta riuscendo: sta rottamando le icone vere o presunte del dizionario pop della sinistra.
Ora gli manca solo dire di avere un poster di Che Guevara in cameretta oppure di scrivere testi per i 99 Posse. Neanche a Gasparri, che ieri a Un giorno da Pecora su Rai Radiodue ha cantato l' Avvelenata con una nonchalance da centro sociale, è mai riuscito tanto.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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