La guerra delle poltrone spacca la maggioranza. Ma Conte fa spallucce

Leu perde Grasso e chiede "risarcimenti". Il Pd accusa: "Hanno fatto tutto da soli"

La guerra delle poltrone spacca la maggioranza. Ma Conte fa spallucce

Mentre il governo Conte, per forza d'inerzia, galleggia immoto sui flutti della legislatura, la sua maggioranza affonda in una lotta fratricida.

Nella notte tra mercoledì e giovedì è esplosa la bagarre sulle commissioni parlamentari: a metà legislatura, per prassi, le presidenze vengono rinnovate e stavolta, visto il cambio di maggioranza, c'erano molte ambite poltrone, ancora in mano alla Lega, da riassegnare. Ma trovare l'equilibrio dei posti nella maggioranza si era dimostrata impresa improba: le trattative sono andate avanti per mesi, riunioni su riunioni, senza mai approdare ad alcun accordo. I Cinque Stelle si sono immersi a corpo morto nella fondamentale partita dei posti, schierando il Capo Politico Vito Crimi, il ministro D'Incà, i capigruppo: tutti alacremente al lavoro per rendere la spartizione più proficua possibile. Niente da fare: tra le correnti grilline si è scatenato il cannibalismo, l'idea di dover cedere posti per amor di coalizione - al Pd e ai renziani ha suscitato una mezza rivolta interna, e molti peones rimasti a bocca asciutta si sono vendicati impallinando, nei voti a scrutinio segreto, i candidati degli alleati. Come sempre per M5s, a incendiare gli animi sono storie di poltrone, prebende o scontrini.

Alla fine però la trappola non ha dato grandi risultati: a rotolare sono state solo le teste di Pietro Grasso, unico candidato di Leu e destinato alla guida della Commissione Giustizia del Senato, e quella del grillino che doveva presiedere la Agricoltura.

Il caso Grasso ha suscitato grandi emozioni in Leu: il ministro Speranza ha drammaticamente abbandonato, nella notte, il Consiglio dei ministri in corso, denunciando la gravità dell'evento. Gli esponenti del partitino bersanian-dalemiano hanno chiesto a gran voce un «chiarimento» agli alleati. In verità, dietro le quinte, le ire interne si scaricano sulla capogruppo di Leu a Palazzo Madama Loredana De Petris: sarebbe stata lei, spiegano, a farsi scappare di mano la situazione. Non si sarebbe infatti preoccupata di far sostituire il fuoriuscito grillino Giarrusso, membro della Commissione Giustizia, con un esponente dei Cinque Stelle più affidabile, e Giarrusso si è subito schierato con la Lega, votando il suo candidato. Alla Camera, ad esempio, ben dieci membri grillini della Commissione Finanze, che non volevano votare il renziano Marattin alla presidenza della Finanze per oscure ragioni complottiste e anti Mes, sono stati sostituiti senza tanti complimenti. Né sul nome di Grasso ci si è occupati di cercare appoggi nell'opposizione, come è successo in varie altre commissioni, su candidati apprezzati anche da parti del centrodestra. Nel Pd sono irritatissimi: «Leu aveva una sola Commissione di cui preoccuparsi, e sono riusciti a non tenere nemmeno in quella».

Ora si discute di «risarcimenti» da dare ai partiti penalizzati: in una lunga riunione di maggioranza, ieri, si è andati a caccia di residui strapuntini da offrire agli sconfitti, per addolcire l'amaro calice.

L'astuta idea sarebbe quella di creare apposite «commissioni speciali», una sulla sanità (ma diversa dalla Commissione Sanità ufficiale) da dare a Leu e una (non si sa ancora bene su cosa) da regalare a un grillino. Intanto i Cinque Stelle si dilaniano e chiedono la testa di tutti i dirigenti «venduti al Pd» e le opposizioni infieriscono sulla maggioranza che «esplode sulle poltrone».

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