Guerra al Qatar, lo sport trema E l'Fbi indaga su 3 mondiali

L'Emirato in Europa è sponsor e possiede top club (PSG) e scuderie ippiche Sotto inchiesta l'assegnazione alla Francia, alla Russia e allo Stato arabo

Nessuno sa e molti parlano. E scrivono. Nessuno sa che cosa possa e potrà accadere nei prossimi mesi in casa Fifa e nei prossimi anni a Doha, nuova Las Vegas dello sport, là dove la terra scotta ma non per le colt ma perché si gioca e si incassa con i tornei di tennis, le gare di motomondiale, un tour di ciclismo, le finali di supercoppa italiana, forse un gran premio di F1. È come se l'Abruzzo avesse la possibilità di organizzare tutti questi eventi, come superficie ci siamo, undicimila chilometri quadrati, come popolazione anche, un milione e mezzo di abitanti ma il reddito pro capite è differente, in Qatar se la spassano, un po' meno i lavoratori stranieri sottopagati o sottoterra, cioè morti nei cantieri della coppa del mondo anno 2022. Ma questo è un dettaglio che pochi, in Italia, hanno ancora scoperto e affrontato. La battaglia del pallone e dei dollari è in corso da tempo, ora può diventare guerra. Inglesi e americani sono uniti con le loro migliori forze in campo, media e Fbi. A Londra e a New York non vengono nemmeno sfiorati dal pensiero che se i sovrani qatarioti si incazzano, chiudono la cassa e i bagagli e abbandonano il continente che si chiama vecchio e tale resterebbe. Perché il Qatar ha messo le mani e le mazzette dovunque, in Inghilterra, in Francia, in Spagna. Soldi veri e pesanti, la famiglia degli al Thani ha in mano il Paris Saint Germain il cui presidente, Al-Khelaifi a sua volta è azionista di Al Jazeera. Presenti nelle sponsorizzazioni del Barcellona, delle nazionali di Belgio e Tunisia, in molte squadre di rugby, inglesi e francesi. Così come gli al Thani si divertono nell'ippica, alla voce galoppo ed equitazione, con oltre trecentocinquanta cavalli, due magnifici allevamenti a Pearl Bloodstocke in Inghilterra e a Haras de Bouquetot in Francia. E se decidessero di togliere le tende e di portarsi via tutto, cavalli e pallone? Ma.

C'è un ma in tutte le storie e la storia acida del Qatar segnala che Mohammed bin Hamman, qatariota e presidente della confederazione asiatica del football, è stato beccato con il sorcio in bocca, avendo offerto denari a chiunque e dovunque. Così si spiega perché Doha abbia vinto, il due di dicembre del duemila e dieci, l'asta per l'aggiudicazione del mondiale, con dodici anni di anticipo sul calendario. Ricordo che furono necessarie quattro votazioni che coinvolsero oltre all'emirato, Australia, Giappone, Corea del Sud e Stati Uniti. Nell'ultima votazione i ventidue membri del comitato esecutivo così si divisero: 8 per gli Usa e 14 per il Qatar. Gli inglesi, invece, vennero fatti fuori, nella stessa giornata, al primo turno per il mondiale 2018 raccogliendo la miseria di due soli voti, mentre la seconda votazione vide stravincere la Russia con 13 voti contro i 7 di Spagna-Portogallo e i 2 di Olanda-Belgio. Così andarono le cose e così si spiega, è notizia di ieri, l'indagine delle autorità Usa, Fbi compresa, su come la Fifa assegnò quelle edizioni. E l'ex manager Fifa Chuck Blazer ha ammesso che tangenti sono state pagate anche per il mondiale del 1998 in Francia. Fatto sta, il Qatar festeggiò in piazza e poi prese a costruire stadi, alberghi, strade. Blatter e Platini votarono assieme, il francese ha ammesso di avere dato il suo sì agli emiri, lo svizzero, secondo stile e interessi, non ha mai confessato la propria scelta. Oggi la partita si riapre, con un dubbio e la preoccupazione di finire tutti giù per terra.

Perché la sfida al Qatar può diventare un'arma a doppio taglio, trasformarsi in un autogol per l'Europa dello sport che ha trovato i suoi nuovi banchieri. Qualcuno ci ha insegnato che con il denaro non si possono comprare: coraggio, intelligenza, tempo, amore e felicità. E la coppa del mondo?

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