Italia, Germania, Francia, Spagna, Svezia, Danimarca, Lettonia, Slovenia di comune accordo e nel giro di poche ore espellono come «non gradite» quasi centocinquanta persone accreditate presso le rispettive ambasciate russe in varie funzioni (amministrative, commerciali e settore difesa) considerate dall'intelligence come una copertura per attività di spionaggio. Lo stesso ha fatto Josep Borrell, alto rappresentante della Politica estera europea, cacciando 19 funzionari della missione permanente della Federazione Russa presso l'Ue in quanto responsabili di «azioni illegali e distruttive contro gli interessi e la sicurezza dell'Ue e dei suoi Stati membri», si legge nella nota del Servizio europeo per l'azione esterna.
La decisione delle cancellerie europee è arrivata dopo l'escalation nelle relazioni diplomatiche con la Russia in seguito alla strage di Bucha (definita da Mosca solo «una provocazione, una messa in scena»). Ma si tratta di un provvedimento che arriva dopo una lunga serie di altre misure restrittive nei confronti dei diplomatici russi in Europa. Dall'inizio della guerra, calcola polemicamente l'agenzia governativa russa «Tass», sono 315 i diplomatici espulsi dai paesi occidentali, «si tratta di un numero 2,5 volte più elevato rispetto alla precedente importante ondata di espulsione avvenuta nel 2018 in occasione del caso Skripal», quando l'ex agente segreto russo Sergej Skripal e la figlia furono avvelenati in Inghilterra con del gas nervino ad opera - secondo la polizia britannica - di 007 inviati da Mosca. I 30 diplomatici russi espulsi dall'Italia (su una settantina accreditati in totale, quindi quasi la metà) erano da tempo «attenzionati» dall'intelligence italiana che ha un lungo dossier aperto sulle attività dei russi (il caso recente di Walter Biot, ufficiale della Marina scoperto a passare documenti segreti al servizio di intelligence militare russo, prima ancora la vicenda di Alexander Korshunov, e poi i misteri della missione Covid dei russi nel 2020). I servizi italiani hanno notato un'intensificazione delle attività sospette di questi trenta soggetti con l'entrata in vigore delle sanzioni contro la Russia. Entro le prossime 48 ore dovranno lasciare l'Italia insieme ai loro familiari.
Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha comunicato che il provvedimento «si è reso necessario per ragioni legate alla nostra sicurezza nazionale e nel contesto della situazione attuale di crisi conseguente all'ingiustificata aggressione all'Ucraina da parte della Federazione Russa». Il premier Mario Draghi, nel chiedere nuovamente al presidente Putin di «interrompere le stragi di civili e partecipare con serietà ai negoziati per il raggiungimento della pace», ha ribadito che la decisione dell'espulsione è stata «presa in accordo con altri partner europei e atlantici». Dall'ambasciatore russo, quel Sergey Razov che pochi giorni fa si è presentato alla Procura di Roma denunciando la stampa italiana di istigare l'uccisione di Putin, è arrivata una risposta minacciosa. Una decisione «immotivata», senza «alcuna prova di tali azioni» di spionaggio, «che porterà ad un ulteriore deterioramento delle relazioni bilaterali», «questo passo non rimarrà senza risposta da parte russa».
La decisione non è condivisa da tutti i partiti della maggioranza. La Lega, fa sapere in una nota, ha accolto con «stupore» la notizia. «La pace non si raggiunge con gesti estremi come le espulsioni ma con la trattativa e il dialogo» dicono dalla Lega. E Salvini aggiunge: «Non entro nel merito, ma le guerre nel 2022 non le vinci con i carri armati», serve «la diplomazia, il buon senso».
Parole che, per il Pd, dimostrano che la Lega è ancora «in scia di Putin». Di Maio non commenta la nota leghista: «Evito di rispondere alle provocazioni. Il nostro obiettivo è la pace» ma dobbiamo «tutelare i cittadini italiani, abbiamo agito per questioni di sicurezza nazionale».
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