Roma - Il «Casu belli» come sempre è stato solo un pretesto, la battaglia in realtà si era già conclusa. Alla prima imboscata Matteo Renzi ha fatto fuori l'ex alleato Matteo Orfini e tutte le sue truppe. Presenti all'imboscata anche gli incursori di Dario Franceschini, ministro della Cultura, politico lesto a cambiar rotta sulle alleanze. «L'asse Renzi-Franceschini ora è saldo e comanda ovunque», dicono i reduci delle minoranze dem. Il nome di Andrea Casu, giovane collaboratore del renzianissimo Luciano Nobili, è quello scelto per diventare prossimo segretario della federazione romana, i giochi sono già fatti, l'esito del congresso del 25 giugno è scontato. Renzi fa capire di averlo scelto lui, ma in realtà lo ha fatto solo dopo un pressing asfissiante di Franceschini, spinto a sua volta dalla moglie, Michela Di Biase, in una vera escalation per mettere le mani sulla città di Roma.
Quello di Casu era solo una dei tanti fronti aperti nella guerriglia interna alla federazione romana del Partito Democratico, una sorta di resa dei conti che ha visto vincitore Renzi: qui ha ottenuto alle primarie oltre il 65%, anche grazie all'inatteso sostegno del ministro della Cultura. Il segretario, in segno di riconoscenza, ha nominato Franceschini gran ciambellano dei riti capitolini e con lui la consorte, Michela Di Biase. Attualmente capogruppo Pd in Campidoglio, la signora ha grandi ambizioni. Che dalle parti del Nazareno spiegano così: «Sarà la prossima candidata sindaca di Roma, questa è la base dell'accordo tra il segretario e Franceschini.
La Raggi non arriverà a fine mandato, bisogna preparare il terreno. Casu farà questo, Valeria Baglio era la candidata più qualificata, era già stata presidente dell'assemblea capitolina dopo Mafia-Capitale, ma è stata bocciata dal veto di Franceschini e signora. Intanto Renzi ha mollato Orfini e Orfini, in fondo, ha quello che si merita: ha smesso di fare opposizione interna, ha dato tutto il suo appoggio e quello della sua corrente, i Giovani Turchi, al segretario Renzi. E il neo segretario come li ha ripagati? Cancellandoli dalla faccia del partito, cacciandoli praticamente in blocco dalla nuova segreteria». Ha fatto bene Andrea Orlando, ministro di Giustizia, smarcandosi dai Giovani Turchi e correndo per la segreteria: è rimasto fedele alla sua linea e si è garantito una quota di sopravvivenza all'interno del partito.
Non è finita: scendendo da Roma a Napoli ecco un altro fronte aperto, ma anche qui la guerriglia sembra soffocata sul nascere. Orfini ha chiesto di far fuori i vertici Pd della Campania. Niente da fare, anche in questo caso non verrà ascoltato, «non conta più un accidenti all'interno del partito, è solo il presidente». Il primo a difendere i vertici campani è stato Ettore Rosato, capogruppo alla Camera e deputato di stretta osservanza franceschiniana. «Poi a Napoli è sceso il ministro Lotti, ha ricompattato tutti i vecchi democristiani confluiti nel Pd e le cose resteranno come sono». Così anche la battaglia tra Franceschini e Lotti per il momento sembra placarsi. Si erano scannati sullo stadio della Roma, Franceschini a metter giù vincoli per bloccare tutto, con il sorriso compiaciuto dell'amico costruttore Caltagirone.
Lotti, ministro dello Sport, a spingere perché si facesse lo stadio, per far felice la Roma e un altro costruttore, Parnasi. Ora il primo ha messo le mani su Roma, il secondo su Napoli. Cose turche per il povero Orfini.
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