"Ha un tumore ma non lo curano. Così stanno uccidendo mio marito"

La moglie di Marcello Dell'Utri disperata: "Senza le 20 pillole quotidiane è spacciato"

"Ha un tumore ma non lo curano. Così stanno uccidendo mio marito"

Miranda Ratti è lapidaria: «Questa è una condanna a morte». È un momento drammatico per la famiglia Dell'Utri: Miranda aveva incontrato il marito Marcello ieri prima del verdetto: «Mi aveva accennato al proposito di attuare uno sciopero del vitto, se il provvedimento fosse stato negativo, ma io speravo che finisse in un altro modo».

Adesso?

«Adesso viviamo alla giornata e non so cosa succederà».

Marcello Dell'Utri ora rifiuta le terapie e il vitto.

«Io sono contraria, spero che ci ripensi, ma è molto determinato. Agli avvocati Alessandro De Federicis e Simona Filippi, che gli hanno portato il provvedimento dei giudici, ha ribadito che è in sciopero. E ha preparato un cartello che a quest'ora è stato appeso davanti alla sua cella».

In pratica che cosa accadrà?

«Non vuole più mangiare e, quel che è peggio, non prenderà più le venti pillole quotidiane che gli permettono di vivere. Temo un innalzamento della pressione che per un cardiopatico come lui è da evitare come la peste».

Ha letto il provvedimento del tribunale?

«Sì e francamente mi ha stupito. I giudici dicono che può sottoporsi alle sedute di radioterapia anche se detenuto».

Non ci crede?

«Tanto per cominciare il tumore alla prostata è stato diagnosticato il 27 luglio e da allora non si è fatto più nulla. Nessuna terapia, nessun controllo, nulla di nulla».

Poi?

«Poi mi sembra tutto molto problematico. La radioterapia, a questo punto urgentissima per fermare la malattia, potrebbe essere effettuata al Pertini di Roma. Ma solo sulla carta».

Perché?

«Ci sono due possibilità. O lo portano avanti e indietro tutti i giorni, con scorte, piantoni, sirene, oppure lo ricoverano per i 40 giorni canonici al Pertini, sempre con un colossale dispiegamento di agenti che dovrebbero controllarlo minuto per minuto, 24 ore al giorno, per 40 giorni. Capisce?».

Non le sembra fattibile?

«Mi pare tutto complicatissimo, ai limiti dell'impossibile. Fosse passata la detenzione in ospedale, sarebbe stato tutto molto più semplice, più soft, più facile anche per lo Stato. Mio marito avrebbe avuto il divieto di uscire e si sarebbe gestito da solo. Le aggiungo che perfino i periti del tribunale, che pure si sono espressi per la compatibilità con il carcere, avevano di fatto ipotizzato una sospensione della pena per il periodo della radioterapia».

Suo marito ha tutti gli strumenti per far valere

le proprie ragioni.

«Marcello è diventato scettico e io con lui. Speriamo che sia la Corte di Strasburgo ad aprire una breccia nel muro dei no. E speriamo che la Corte faccia in fretta. Il tempo ormai è scaduto».

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