E quindi Hillary Clinton si candida alla Casa Bianca. Ufficiale e scontato. Perché candidata lo è di fatto dal 4 gennaio 2008, da quando cioè perse le prime primarie in Iowa contro Barack Obama. Lei era lei, lui non era ancora lui. Hillary perse e cominciò una lunga agonia verso la rinuncia a una candidatura che alla vigilia e sulla carta pareva cosa fatta.
Prima donna alla Casa Bianca, dicevano. Invece fu il primo afroamericano. Otto anni dopo la Clinton è lì, di nuovo. E di nuovo: prima donna presidente, ma anche prima First Lady presidente, prima dinastia orizzontale anziché verticale.
Sarà, anzi è, un referendum: o con lei o contro, perché oggi come allora parte da favorita. Unica di quelli che stanno pensando di provarci che alla Casa Bianca ci pensa quantomeno dal giorno in cui uscì da First Lady nel 2000. Fu allora che cominciò la lunga e lenta corsa verso la candidatura del 2008. Stessa persona, stesso personaggio, diversi il contesto e l'atteggiamento: non un annuncio con i fuochi d'artificio, ma un tweet e un video che saranno messi in rete domani. Hillary è Hillary, sempre. L'America è l'America. E quindi: sarà ancora come allora. Come si muove, come parla, come si comporta, come tratta Bill, chi sceglie. Le sue rughe e i suoi capelli. Candidata, moglie e madre e ora anche nonna. Hillary con tutti, contro tutti e contro se stessa. Il primo test arriva tra nove mesi, a gennaio in Iowa. Deve vincere prima contro gli sfidanti del suo partito, a cominciare dalla senatrice Elizabeth Warren, che è molto più a sinistra di lei: dicono che la Clinton avrà come punto forte della sua campagna la lotta alla diseguaglianza economica ricchi-poveri. Terreno difficile, per lei che oggi è la preferita di Wall Street. Poi toccherà agli avversari: tra i repubblicani sono candidati il libertario Rand Paul, il senatore Ted Cruz, arriveranno l'altro senatore ispanico Marco Rubio, poi probabilmente altri.
Tra cui Jeb Bush. Hillary è davanti, per potenza economica, per preparazione, per attesa. Basta? In America non si sa mai se può bastare. Domani comincia una campagna elettorale lunga. Si vota a novembre del 2016. È una vita.
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