Afghanistan in fiamme

"Ho aiutato le bimbe afghane. Ora vogliono uccidermi"

L'appello disperato da Kabul: "Aiutatemi. Devo lasciare il Paese. I talebani fingono, non sono mai cambiati"

"Ho aiutato le bimbe afghane. Ora vogliono uccidermi"

«Sono vicini, a due passi da dove mi nascondo e stanno cercando casa per casa. Ho paura, ma vi mando una foto» è il coraggioso messaggio di un'eroina afghana, che sta scappando dall'Emirato talebano. L'immagine mostra un gruppo di armati che si prepara a rastrellare la zona. Non possiamo fare il suo nome e ancora meno rivelare dove si trova, ma pubblichiamo le sue parole, che rappresentano il grido di dolore di tutte le donne afghane che non vogliono tornare al Medioevo islamico. In attesa di evacuazione spera di riuscire a mettersi in salvo, ma scappare dall'Afghanistan è un'impresa, nonostante il ponte aereo che si sta rimettendo lentamente in moto dall'aeroporto di Kabul.

I talebani hanno annunciato che vogliono le donne nel governo e che potranno continuare a studiare indossando il velo e non il burqa. Ci crede?

«Hanno appena ucciso una donna a Kandahar perché era da sola e sono gli stessi che continuano ad appoggiare Al Qaida. Se rispettano le donne, perché entrano nelle case con una lista nera di attiviste che si battono per i diritti femminili? Sono bravi ad avere imparato come presentarsi in pubblico con la faccia buona, ma ne hanno due o tre diverse».

Come sta?

«Sono depressa, senza speranza e confusa. Non so cosa mi accadrà tra poche ore. Devo nascondermi perché sanno che sono ancora in Afghanistan. Controllano se risulto connessa su whatsapp. Non posso spegnerlo altrimenti rimango tagliata fuori dal mondo e da chi mi vuole aiutare».

Perché la cercano?

«Sono impegnata in un'associazione che si batte per i diritti delle donne e per proteggerle da ogni forma di violenza. Avevo già iniziato con il primo regime talebano a difendere le ragazzine cercando di istruirle perché allora l'insegnamento era bandito. A Herat sono stata in stretto contatto con gli italiani e anche con le vostre soldatesse. Abbiamo sviluppato tanti programmi a favore delle afghane».

Gli italiani si impegnavano in questo campo?

«La questione femminile era in cima alla lista degli interventi. Ora tutto questo scomparirà. Fin dall'inizio non credevamo negli accordi di pace di Dna (con gli insorti, nda). Abbiamo visto cosa è accaduto, ma tanti non accettano la legittimazione dei talebani».

Ha paura del nuovo Emirato?

«I talebani sono diventati più forti. Abbandonare l'Afghanistan è stato un crimine. Quelli che hanno collaborato con le truppe occidentali rischiano la testa. Si vive nell'incertezza, senza sapere cosa ti capiterà tra un'ora».

Secondo lei come si è arrivati a questo punto?

«Capisco che i paesi europei non potevano opporsi alla volontà americana o assumersi il peso di questa guerra sulle loro spalle. Ora, però, la mia vita è in pericolo, come quella dello staff che lavorava per l'associazione, e migliaia di ragazze saranno vittime di violenze. Non abbiamo più alcun posto sicuro dove vivere».

I talebani la vogliono arrestare?

«Hanno perquisito casa mia cercandomi come fossi una criminale. Per sei ore hanno preso in ostaggio un parente per scoprire dove mi trovassi. Dicono che i talebani sono cambiati, ma non è vero».

Si sente tradita dall'Occidente?

«La mia famiglia mi chiede: dove sono i tuoi amici? Qualcuno è venuto a salvarti?».

Non è in lista per l'evacuazione?

«Tutti dicono di sì, ma non so ancora nulla di preciso. Nessuno mi ha più contattato. Per fortuna sono scappata per evitare di venire arrestata».

Vuole lanciare un appello?

«Aiutatemi a mettermi in salvo. Vorrei venire in Italia non per chiedere asilo, ma per continuare a lavorare per le donne che rimangono in Afghanistan. Il mio obiettivo è battermi per la difesa dei diritti umani. Continuerò a farlo se avrò un visto per uscire dall'Afghanistan. Non voglio soldi, solo protezione, aiuto per lasciare il paese. I talebani possono arrivare da un momento all'altro alla mia porta.

Se verrò uccisa sarà una grande vergogna per tutti».

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