Milano - Il 16 ottobre 2006 l'ex sindaco Letizia Moratti depositava la candidatura ufficiale di Milano a ospitare Expo 2015. Nove anni fa. Da lì è partita l'avventura.
Diciamolo pure, oggi sono diventati tutti «Expottimisti», ma all'inizio non ci credeva nessuno. E l'entusiamo è cresciuto con le folle. Si è sentita un po' isolata?
«Io lo sono stata convintamente, ho lavorato pensando ai risultati positivi per la mia città e il Paese, all'inizio abbastanza in solitudine lo ammetto, e con grande fatica. Subivo la critica di non essere sempre presente in città e non era vero. Governare Milano e nello stesso tempo fare tutti quei viaggi, necessari, per presentare il dossier ai Paesi che avrebbero assegnato l'Esposizione, ha richiesto per me sforzi enormi. È stato faticoso ma ho sempre cercato di concentrarmi sull'obiettivo, conquistare Expo. E sono contenta di aver dato il mio contributo».
Tutti hanno in mente gli effetti delle Olimpiadi. Forse c'era anche poca consapevolezza su cosa fosse Expo?
«In Italia allora mi dicevano che Expo era un evento “del passato”. Pensi che giusto qualche giorno fa a Parigi mi spiegavano invece quanto si stanno già impegnando sulla candidatura del 2025, perché hanno ben presenti le potenzialità su turismo, occupazione, interscambi tra i Paesi. L'Italia in sei mesi ha potuto ampliare i rapporti economici con gli Stati presenti, ci sono stati centinaia di incontri business to business . Per dare un'idea: l'export del food italiano verso gli Usa è cresciuto del 28%. Anche i rapporti diplomatici con ministri e capi di Stato stretti in un breve periodo daranno frutti nel tempo. Expo non è affatto legata al passato, l'importante è scegliere e realizzare bene il tema giusto».
Ecco, nei giorni dell'inaugurazione aveva espresso critiche sul rispetto del tema: «Doveva essere la nutrizione ma si è tradotto soprattutto in alimentazione». Bilancio finale?
«Credo siano stati i Paesi ad avere interpretato in maniera corretta il tema, dal padiglione Uk che si è concentrato sul problema delle api che sanno scomparendo dall'Europa con gravi conseguenze per l'ambiente, alla biodiversità del Cile, ai dibattiti sui modelli di sharing economy , in linea con gli obiettivi del Millennio fissati dall'Onu contro povertà e fame nel mondo».
Da sindaco aveva lanciato anche tanti progetti di cooperazione collegati a Expo. Sono proseguiti?
«I circa 200 sviluppati sotto la mia amministrazione si sono tutti conclusi, grazie anche al contributo generoso delle banche, capofila Cariplo. Non credo che la giunta Pisapia li abbia portati avanti tutti. Il sostegno ai Paesi sottosviluppati è stato tra gli elementi che mi avevano spinta a concorrere, con la stessa visione ho lanciato con altri un mese fa la fondazione E4impact, che formerà imprenditori in Africa».
Grandi numeri sul sito, ma a Milano l'effetto Expo è stato sotto le attese, i commercianti hanno protestato con il Comune. Poteva essere più attrattiva?
«Gli eventi ci sono stati, anche in luoghi simbolo del tema, come le cascine. Forse una comunicazione più efficace avrebbe portato maggiori risultati».
In compenso Milano ha cambiato volto, lo scrivono anche i giornali internazionali. Merito di Expo?
«Avevamo fatto studi con la Bocconi quantificando esattamente i benefici, dai posti di lavoro ai fondi assegnati dal Bie, l'organismo internazionale, ai Paesi ospitanti per i progetti collegati a Expo. Sapevo che avrebbe messo in circolo risorse ed energie in ambiti diversi, adesso quella visione si è tradotta in realtà. Si sono accelerati determinati investimenti, ha attratto eventi e imprese su Milano. Ma non tutti forse hanno la consapevolezza del tempo che serve per realizzare grandi opere».
A cosa si riferisce?
«Oggi ad esempio la Darsena è rinata, si è trasformata in un luogo di ritrovo per i giovani. Ma il progetto è nato tanti anni fa. Collegandoci a Expo potevamo avere i fondi per rivitalizzare quella zona che, per colpa di ricorsi al Tar, era rimasta a lungo in stato di degrado».
Ora si passa subito alla fase «post Expo». Prende quota l'idea di un campus dell'Università Statale sulle aree. Le piace?
«È un bellissimo progetto, in linea con l'eredità culturale che immaginavamo dall'inizio, mi piace anche la Cittadella dell'innovazione promossa da Assolombarda. Vorrei che non mancasse un'Agenzia della cooperazione internazionale. Aiutare Paesi che ne hanno bisogno mitiga anche i flussi migratori che rappresentano per l'Italia e l'Ue una criticità».
Sarà alla cerimonia di chiusura?
«No e mi dispiace molto, ma sarò impegnata a New York con diversi appuntamenti alle Nazioni unite».
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