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"Ho scoperto di essere in quarantena quando era finita"

L'e-mail del ministero della Salute: "Ha viaggiato in aereo con un positivo al Covid". Ma 14 giorni dopo

"Ho scoperto di essere in quarantena quando era finita"

Sono le 19 di venerdì 4 settembre quando sulla mia mail privata mi arriva una comunicazione del ministero della Salute in cui mi si avverte che sul volo AZ1910 da Olbia a Roma Fiumicino del 21 agosto scorso sarei venuta a contatto con un positivo al Covid-19. «Dall'indagine epidemiologica - mi scrivono - è emerso che lei risulta come contatto stretto del caso». Leggo poco dopo e scopro che per me «è previsto un periodo di quarantena per i 14 giorni successivi alla data di esposizione (21 agosto 2020)» durante il quale devo «rimanere a casa ed evitare contatti e interazioni sociali».

Rispondo alla mail, come richiestomi, indicando i miei dati e faccio presente che sono in viaggio e sto rientrando al mio indirizzo di residenza. Poco dopo ricevo una telefonata da un sedicente medico del ministero che mi comunica che nonostante quello sia il mio ultimo giorno di quarantena non potrò uscire finché non riceverò indicazioni dalla Asl competente. Quasi scoppio a ridere: «Mi comunicate della quarantena a quarantena finita?», lo rimprovero. Chiedo inoltre perché la persona che viaggiava con me non abbia ricevuto la mail e mi viene risposto che era seduta a sufficiente distanza (era nel sedile davanti al mio). Faccio presente che è assurdo mi chiamino solo adesso e comunico che lo scorso 25 agosto ho effettuato un tampone e un sierologico in percorso Covid all'ospedale di Brindisi in seguito a febbre elevata. Entrambi gli esami sono risultati negativi. Il medico mi risponde: «Ringrazi il cielo che l'ho rintracciata. C'è gente venuta a contatto con positivi pochi giorni fa che non ho ancora chiamato. Ho preferito dare priorità a quelli del 21 agosto». Insomma, io che non sarei più un'untrice anche qualora fossi stata malata, vista la fine del periodo di quarantena, vengo obbligata in casa, mentre ci sono persone potenzialmente contagiose che ancora girano ignare di esserlo. Chiamo adirata il numero 1500, dedicato all'emergenza Covid: peggio che andar di notte, non sanno neanche che dirmi. «Se esce - mi apostrofa un addetto - rischia l'arresto anche se la quarantena è finita. Attenda la chiamata della Asl».

Ieri mattina, visto che nessuno mi chiamava, telefono alla Asl di competenza, in provincia di Livorno. Mi risponde un medico molto gentile che mi chiarisce: «Avendo di fatto terminato la quarantena e avendo già tampone negativo, lei non è più costretta a rimanere in casa. Le faremo comunque un nuovo tampone lunedì mattina. In ogni modo, nessuno ci ha avvertiti del suo caso». Insomma, se non avessi chiamato io sarei rimasta in casa ad attendere una telefonata che, probabilmente, non sarebbe mai arrivata.

Mi sono chiesta, al posto mio, come se la sarebbe sbrigata un anziano e si è fatta strada in me la consapevolezza che sull'emergenza Covid-19 c'è solo una grande confusione.

Una disorganizzazione tale che neanche gli addetti sanno le procedure esatte e avvertono la gente a quarantena (fasulla) finita.

Per fortuna che avevo già fatto il tampone. Altrimenti, da ignara untrice, avrei avuto anche il senso di colpa di aver potenzialmente contagiato mezza Italia.

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