"Ho visto una grossa auto che non è riuscita a schivare le persone..."

"Ho visto una grossa auto che non è riuscita a schivare le persone..."

«Abbiamo lasciato le macchine e ci siamo fermati contro un muro. Io ero in mezzo, non sapevo cosa fare. Iniziano a passare i furgoni, quindi usciamo dall'angolo. Molti furgoni dei napoletani si sono fermati, altri no. C'è stata una macchina grossa di colore scuro che non è riuscita a schivare le persone».

Così Luca Da Ros, ventun anni, ultrà della curva dell'Inter detto «il Gigante», descrive ai pm i momenti cruciali della serata del 26 gennaio, con l'agguato dei tifosi nerazzurri alla colonna dei napoletani, e l'investimento di Davide Belardinelli, capo dei Blood Honour varesini alleati dei nerazzurri. «La macchina veniva da dietro i napoletani - spiega Da Ros - non ho visto l'investimento, ho visto solo il Suv passare prima dell'incidente. Poteva essere chiunque, anche un passante. Ero impaurito, non ricordo i nomi di tutti. Del mio gruppo ricordo tre persone, Molo che è un soprannome, Davide e Riccardo. Tranne Riccardo sono tutti di Milano».

Delle ore precedenti all'agguato e della sua preparazione, Da Ros ricorda: «Il giorno di Inter-Napoli mi sono incontrato verso le 15 per caricare i materiali. Ero con i Boys, abbiamo scaricato la roba nel baretto, la polizia ci ha detto che potevamo entrare allo stadio dalle 17,30. Verso le 17,30 ci siamo messi in macchina e siamo andati al bar Cartoons, siamo andati su un Doblò bianco guidato da un amico chiamato Giotto. Sul furgone eravamo in quattro. Giunti al Cartoons io mi sono fermato fuori a fumare una sigaretta, c'erano altri gruppi di Nizza e di Varese. Ci siamo spostati tutti verso il parco, io ero in macchina con i ragazzi di prima, sempre sul Doblò bianco. Sono due o tre persone, ovvero i capigruppo, che ci dicono di spostarci verso la zona dove sono avvenuti i fatti (...) Io non sono entrato nel pub, qualcuno da dentro ha detto andiamo, ma non so chi. Non so chi ha dato l'ordine del direttivo proveniente dal piano superiore. Nel parchetto erano stati lasciati i bastoni, c'era un sacco. Volevo tirarmi indietro ma non ci sono riuscito (...) il bastone l'ho lanciato a un metro da me. All'inizio ho sentito una prima torcia lanciata contro i primi van che passavano, può essere stato un segnale (...) quando tutti i furgoni si stavano fermando, perché così volevano, si è intravista questa macchina che sembrava accendersi e spegnersi, poi si è messo davanti il furgone e non ho più visto nulla».

Sulla composizione del gruppone degli ultrà nerazzurri, Da Ros dichiara: «Nel baretto prima c'erano tutti. Non so se tutti sono andati al pub. C'era tutto il direttivo di quelli che comandano la curva. C'era il (omissis) dei Boys, che è un soprannome. I club in curva sono dieci tra grandi e piccoli.

Sia al baretto che in via Zoia c'erano due gruppi uno del Nizza e uno di Varese, i francesi erano 10-15 forse anche di più, di Varese c'erano una decina di persone, ricordo tra gli altri Dede (Belardinelli che morirà poco dopo, ndr) e Matteo». Conclude: «Mi dispiace, non pensavo potesse succedere».

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