Il crollo del Ponte Morandi ha creato un vuoto infrastrutturale non solo a Genova, ma in tutta la Liguria. E adesso il governo sta correndo ai ripari per capire chi, come e a quale prezzo può ricostruire non solo il ponte, ma tutte le infrastrutture principali del capoluogo ligure. Chi credeva però che Genova dovesse essere il simbolo della rinascita italiana, si dovrà ricredere.
Nell'ultimo viaggio a Shanghai di Marco Bucci, sindaco e commissario di Genova, e di Paolo Emilio Signorini, presidente dell'Autorità portuale del Mar Ligure occidentale, è nata l'idea che a ricostruire Genova non siano gli italiani e le loro aziende migliori, ma i cinesi. E non solo per il Ponte, ma anche per la Gronda. E perché no, piano piano, in punta di piedi, comprare una parte del porto di Genova.
La China communication construction company (Cccc) ascolta interessata. Sa che l'Italia è un Eldorado di infrastrutture da rifare. E Genova è solo l'esempio più eclatante di quello che si potrebbe fare. Il governo di Pechino ha da tempo messo il capoluogo ligure nel mirino. Insieme a Venezia, Genova è una delle ancore della Cina nel Mediterraneo: uno dei porti della Nuova Via della Seta. E realizzare le infrastrutture che servono alla città può essere l'inizio della conquista.
In molti festeggiano l'idea che possano essere i cinesi a ricostruire le infrastrutture genovesi. E del resto,non è un mistero che sia il ministro Danilo Toninelli che il vice premier Luigi Di Maio abbiano da tempo il progetto di portare gli investimenti cinesi in Italia. Ma tutto ha un prezzo. E, come spiega Libero, essere "porta dell'Europa", come ha detto Bucci, non vuol dire essere la porta d'Europa per la Cina.
Proprio per questo motivo, c'è qualcuno che nel governo ha iniziato a storcere il naso, specialmente da parte leghista. Il vice ministro delle Infrastrutture, Edoardo Rixi, ha detto: "Se non siamo in grado di dare a un'azienda italiana la ricostruzione del viadotto, rischiamo un enorme danno di immagine. Sarebbe clamoroso a livello internazionale". E il commento finale di Rixi fa riflettere: "Non voglio mica fare la fine della Grecia".
Il commento del vice ministro non è casuale. La Grecia è il simbolo della penetrazione cinese in Europa. Ai tempi della crisi che ha sconvolto Atene, i colossi cinesi hanno iniziato ad acquisire parti importante del sistema infrastrutturale ellenico. Al punto che la Cosco, gigante navale di Pechino, ha ora il controllo del porto del Pireo. Ed è attraverso questa strategia che la Cina sta assumendo il controllo di gran parte delle infrastrutture dei Paesi in cui arriva la cosiddetta "Nuova Via della Seta". Interviene dove gli Stati non possono costruire, portano tecnologia, manodopera e capitali, investono, costruiscono e nel frattempo acquisiscono porti, ferrovie, autostrade. Tutto ciò che può aiutare la stessa Cina a esportare i suoi prodotti e a controllare i maggiori asset degli altri Paesi. E non è un caso che siano già stati in molti a lanciare l'allarme sulla "trappola" che nascondono gli investimenti di certi Stati.
E puntualmente è quanto sta avvenendo in Italia. Per carità, ben vengano gli investimenti stranieri se servono a dare man forte al nostro sistema Paese. Ma cedere le infrastrutture strategiche è un altro discorso. E l'Italia è un Paese che ha le eccellenze per costruire ponti, strade, aeroporti e qualsiasi altra infrastruttura. Le nostre imprese vengono chiamate in tutto il mondo per costruire grandi opere. E non si capisce perché in Italia debbano essere fatte da altri Paesi attraverso aziende controllate o collegate strettamente al governo di quel Paese.
Non è una questione di nazionalismo: è una questione di lucidità. L'Italia ha una capacita tecnologica invidiata da molti altri Stati.
E il simbolo di un Paese che rinasce è anche dato da questi segnali: che dopo una tragedia del genere, sia l'Italia (e il suo sistema imprenditoriale) a rimboccarsi le anime a mostrare al mondo di poter risorgere dalle proprie ceneri.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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