Milano Gli eroi chiacchierano in corridoio, in attesa di essere interrogati in Corte d'assise. Se cinquantuno bambini, due professori e una bidella non sono bruciati vivi sul pullman che li riportava a scuola, la mattina del 20 marzo scorso, alle porte di Milano, è merito di questi carabinieri. Ieri è il loro turno di testimoniare al processo all'uomo che era al volante del pullman: Sy Ousseynou. E a colpire è l'ordinarietà, la mancanza di enfasi, con cui raccontano dieci minuti all'inseguimento del pullman, dopo l'allarme lanciato al 112 dai bambini. A partire dall'appuntato Simone Zerbilli, quello cui toccò la rogna peggiore: mettersi di traverso con la sua piccola Renault Clio al bestione guidato da Sy. «Nella mano aveva un accendino da cucina, lo accendeva ripetutamente e diceva: Faccio esplodere tutto, faccio esplodere tutto. Quando ho sentito che ingranava la marcia per ripartire sono risalito in auto e mi sono messo di mezzo, ho tirato il freno a mano e schiacciato il freno a pedale. Lui mi ha centrato e mi ha trascinato per sessanta metri, fin quando ci siamo incastrati contro il new jersey. Il pullman stava bruciando, abbiamo portato in salvo i bambini e i professori, per ultima la bidella. Poi lui è sceso e con i miei colleghi lo abbiamo bloccato. Ho sentito solo che diceva: Lo faccio per i bambini del Mediterraneo»: le vittime dei gommoni che Sy voleva vendicare ammazzando cinquanta bambini come loro. «Due - racconta Zerbilli nell'aula ammutolita - li aveva legati al parabrezza come scudi umani».
In corridoio, ad attendere il loro turno, ci sono gli altri carabinieri delle pattuglie che quella mattina piombarono sulla statale Paullese, tra Crema e Milano. E c'è anche una sopravvissuta: Tiziana Magarini, la bidella che accompagnava i bambini a scuola. Quando tocca a lei testimoniare, racconta che fu l'unica a cui Sy non legò i polsi, perché aveva dei compiti da svolgere: legare i bambini, portare via i loro cellulari, versare sul pullman la benzina di una tanica. Fu a lei che Sy ordinò di scegliere i bambini da usare come scudi: «Mi diceva di prendere i più piccoli... Io non volevo, non sapevo cosa fare... Alla fine furono Nicolò e una bambina a dirmi: Tiziana non preoccuparti, andiamo noi». A cosa pensava in quei minuti? «Alla morte». Cosa vi diceva Sy? «Niente, io gli chiedevo: Ma cosa fai, sono dei bambini. Lui non rispondeva, parlava da solo, ha fatto una telefonata in una lingua straniera. A noi ha detto solo: Adesso vi porto a fare un bel viaggetto, da questo pullman non scenderete più».
Che tutto stava per finire, la bidella Tiziana lo capì solo quando sentì esplodere i vetri posteriori: erano i carabinieri che si facevano strada con gli sfollagente.
Ma da quel giorno «non dormo più, sogno le fiamme». Sy, in gabbia, ascolta imperturbabile. Dalle domande del suo difensore si capisce la linea difensiva: negare di avere appiccato il fuoco per scansare almeno l'accusa di strage. Ma sarà dura.
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