Coronavirus

I casi arrivano al plateau. Crescono le vittime ma scendono i ricoverati

Ieri 28.352 contagi su 222.803 test (12,7%) Decessi: 827. Terapie intensive: -64. Rt: 1,08

I casi arrivano al plateau. Crescono le vittime ma scendono i ricoverati

Plateau era e plateau resta. Nessuna discesa dei numeri, anzi un lieve aumento. Il bollettino del ministero della Salute diffuso ieri non fornisce munizioni all'esercito degli aperturisti. I nuovi contagi sono stati 28.352, più o meno in linea con i dati degli ultimi sei giorni, sempre compresi tra 22 e 30mila. Il numero dei tamponi messi a referto scende un po' rispetto a giovedì (222.803) e così l'indice di contagio, ovvero la percentuale di test positivi su quelli effettuati, sale un po' rispetto al giorno prima: da 12,46 a 12,73.

Il numero di contagiati dall'inizio dell'emergenza sale quindi a 1.538.217, mentre scende il numero degli attualmente positivi, 787.893 (-7.952). È sul fronte ospedaliero che si registrano le notizie migliori di giornata. I ricoverati totali infatti sono 37.466, con una diminuzione di 418 unità; in calo sia quelli nei reparti ordinari (33.684, -354) sia quelli in terapia intensiva, che passano da 3.846 a 3.782, con un calo di 64 unità che fa decisamente ben sperare, visto che consolida la timida inversione di giovedì, quando la diminuzione era stata soltanto di 2 posti. È in ospedale solo il 4,76 delle persone contagiate e solo lo 0,48 per cento è in terapia intensiva. In pratica al momento è grave un infetto su duecento, mentre lo scorso 3 aprile era in terapia intensiva un infetto su venti.

Non fa sorridere invece il dato sui morti, che ieri sono stati 827, cinque in più del giorno prima. Era da fine marzo che per due giorni consecutivi i decessi non superavano quota 800. È vero che questo dato è quello che più lentamente beneficia degli effetti delle misure di contenimento, perché il decesso di solito è la conclusione tragica di un processo che dura settimane o mesi dal momento del contagio, ma naturalmente getta un'ombra lunga e lugubre sulla situazione generale. Fin quando in tanti continueranno a cadere sul fronte del Covid non potremo sentirci al sicuro, non potremo avere il cuore leggero.

Vediamo ora come vanno le cose in Lombardia, la regione che dall'inizio dell'emergenza sanitaria è stata l'osservata speciale. Ieri sono stati contati 5.389 nuovi casi (il 19 per cento del totale nazionale) su un totale di 40.931 tamponi effettuati, con un indice di contagio del 13,17 per cento di poco superiore rispetto alla media nazionale. A Milano e nelle altre undici province ci sono 130.555 attualmente positivi (-9.846 rispetto al giorno precedente), dei quali 8.794 ricoverati totali (-136), 7.869 in reparti ordinari (-127) e 925 in terapia intensiva (-9). La situazione peggiore al momento nelle Marche (indice di positività al 24,49), in Veneto (20,26) e in Puglia (17,82).

Secondo il monitoraggio realizzato da Istituto superiore di sanità e ministero della Salute e relativa alla settimana dal 16 al 22 novembre, con aggiornamenti al 25 novembre, l'indice di trasmissibilità (il famoso Rt) scende a 1,08, poco sopra la soglia critica dell'1. Dieci regioni sono ancora classificate a rischio alto di trasmissione: si tratta di Abruzzo, Campania, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lombardia, Alto Adige, Puglia, Sardegna e Toscana, a cui si aggiunge la Calabria considerata a rischio cautelativamente perché di fatto non valutabile a causa della carenza di alcuni dati.

Il report conclude con un monito: «Rimane essenziale evitare gli eventi aggregativi che porterebbero a un rapido nuovo aumento nel numero di nuovi casi».

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