Coronavirus

I commercianti sul piede di guerra. "Sono a rischio 270mila imprese"

L'allarme della categoria: perdite per 120 miliardi da qui a fine anno. L'ira per le prescrizioni di sicurezza Zaia: "Linee guida imbarazzanti"

I commercianti sul piede di guerra. "Sono a rischio 270mila imprese"

Dicono che con 30 posti a sedere sui 100 di prima «non è sostenibile» riaprire. Che con 3 metri di distanza tra le file le spiagge non possono lavorare. Che a queste condizioni, con le regole messe nero su bianco dall'Inail «molti non riapriranno». Secondo Confcommercio il rischio imminente è di perdere 420mila posti di lavoro e 270mila imprese. Eccolo, il grido di allarme dei commercianti e gestori su come potrebbe presentarsi la fase due da lunedì: molte serrande abbassate, nonostante il via libera per ripartire.

Le linee guida dell'Inail che dettano le regole per la ripartenza delle attività di ristorazione, parrucchieri, estetisti e lidi balneari sono una doccia gelata per gli esercenti. Le imprese a rischio, secondo l'associazione, tra i negozi e nel turismo sono il 10 per cento del totale. «Gli operatori - dice Enrico Postacchini alla Commissione Industria del Senato - hanno perso la pazienza. Non hanno visto nulla oltre ai 600 euro. C'è grande enfasi sulla riapertura in assoluta sicurezza, delle attività dal 18 maggio. Un'enfasi ingiustificata. La rarefazione dei prossimi mesi che ci aspetta sotto il fronte commerciale e turistico giocherà da sé il ruolo di distanziamento. Siamo destinati a vivere il 2020 con uno scenario da Ferragosto con l'aggravante che non ci saranno turisti. Non ci sarà nessuna corsa agli acquisti né a mangiare fuori. Non è mettendo ora paletti a chi deve riaprire che possiamo adattare un nuovo modello». La stagione è più che in salita. In vacanza, secondo Confocmmercio, andrà solo il 20 per cento degli italiani e si stimano perdite di 120 miliardi da qui a fine 2020. Il problema sarà «riempire le stanze degli alberghi»«. E con le condizioni di distanziamento pensate per le spiagge, tre metri tra le file e due tra gli ombrelloni, le associazioni dei balneari temono di non farcela. Confidano «nella possibilità che si apra un percorso entro il quale le Regioni possano attuare delle deroghe a questo documento Inail-Iss, altrimenti il 50 per cento delle strutture balneari quest'anno non aprirà i battenti», avverte Confesercenti.

Il governatore del Veneto Luca Zaia è già pronto a derogare. Annuncia nuova ordinanza per lunedì prossimo, perché per alcune attività con queste linee guida diventa «imbarazzante»: «Così non si parte. Non vogliamo essere gli irresponsabili della comitiva. Ho detto al premier di guardare con attenzione le linee guida Inail perché in alcuni casi sono inapplicabili». Il Veneto ha già predisposto le sue di regole: «Stiamo lavorando affinché le linee guida Inail diventino, e io lo spero, un'alternativa da applicare solo nelle condizioni in cui la Regione non ha le proprie linee guida. Servono poche regole, chiare e che mettano tutti in condizione di lavorare». Anche per il governatore della Liguria, Giovanni Toti, quelle tracciate dall'Inail sono ancora «incerte»: «Se la distanza sociale deve essere di 2 metri deve essere così per tutti. Non che per qualcuno è 2 metri per altri 4». Con le regole che prevedono per le attività di ristorazione uno spazio di almeno 4 metri quadrati tra clienti e 2 tra i tavoli, secondo la Fipe, solo a Roma «i ristoranti perderanno 246mila posti a sedere». Tanto che la Cna capitolina lancia l'allarme: a Roma non riapriranno circa 3mila ristoranti, un terzo del totale.

Ricominciare in questo scenario impone, è il messaggio recapitato al governo dalle associazioni di categoria, di sostenere economicamente le imprese.

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