I criticoni di Pokemon Go non sanno cosa si perdono

Andare a caccia dei mostriciattoli gialli fa conoscere nuove persone. E serve anche a tenersi in forma...

I criticoni di Pokemon Go non sanno cosa si perdono

Dove vai, se Pokemon Go non ce l'hai?

Io per esempio quest'estate me ne sono rimasto a Roma, perché l'app che sta facendo impazzire tutti, e biasimata dai soliti bacchettoni antitecnologici, si basa sulla «realtà aumentata», nel senso che la realtà virtuale si fonde con quella reale e quindi, ho pensato, tanto valeva restare a casa, ma per andare fuori. È una specie di rivoluzione: prima non avevamo granché voglia di uscire perché avevamo tutto a casa: la Playstation, Netflix, il sushi o la pizza a domicilio, l'aria condizionata, Youporn. Ora siamo cacciatori-raccoglitori, come gli uomini preistorici.

D'altra parte Roma è la città di Virginia Raggi, ma anziché prendere la sua funivia immaginaria della Raggi per arrivare in centro, dove sembra pulluli di Pokemon rarissimi, devo accontentarmi della linea B, la quale a differenza della A è senza aria condizionata. E non solo: dentro non c'è campo, quindi niente Whatsapp, niente Facebook, soprattutto niente Pokemon. A Tokyo o a Londra, ma anche a Milano, non hanno di questi problemi, altro che funivia e pannolini riciclabili, la vita è un wifi attivo oppure fa schifo. Per fortuna appena in centro è tutta un'altra storia, perfino la Storia è un'altra. In che senso?

È davvero pieno di Pokemon. Haunter era vicino la fontana di Trevi, Alakazam l'ho scovato vicino al Colosseo (dove per la gioia e per riprendermi dalla fatica mi sono mangiato un hot dog), Dugtrio, sfacciatissimo, era addirittura sull'Estasi di Santa Teresa del Bernini, con un tipo che mi ha detto «No foto» e io gli ho mostrato il display, «Quali foto, guardi, catturo lui e me ne vado». Per sbaglio sono entrato perfino in una stazione dei carabinieri (per sbaglio non mio ma della Niantic produttrice del gioco, perché sulla mappa mi dava Fearow proprio lì).

Considerazione en passant: con tutto questo camminare e correre e guardarmi intorno devo essere perfino dimagrito, mi sento più in forma, è la dieta Pokemon.

Tra l'altro grazie ai Pokemon si apprezzano tante cose diventate indifferenti per abitudine, monumenti rivitalizzati da mostriciattoli colorati, panorami banali da cartolina (il cupolone o l'altare della patria visti dalla terrazza del Pincio) resi più eccitanti dalla comparsa di una rarità da cacciare.

Inoltre non è vero che ci si isola, io mi sono trovato a fare una gara con un ragazzo coerano (An o Han o Khan, non ricordo), a Piazza del Popolo, perché inseguivamo lo stesso Pokemon intorno all'obelisco, e ha vinto lui, dannazione, e però l'ho invitato a fare un aperitivo insieme, e pur con il mio inglese stentato abbiamo fatto amicizia. Oltre a mostrarci le nostre prede abbiamo parlato della Corea del Nord (lui ovviamente, meno male, era del Sud), delle ragazze di Seul, delle sue prossime tappe, e pure della Gagnam Style.Per carità, ci sono dei rischi nella realtà aumentata. Stare attenti a dove ci si infila, non buttarsi sotto a un treno per prendere un Pokemon che appare sui binari, non importunare gli estranei arrivandogli con l'iPhone a un palmo di naso pur di acchiappare Pikachu. Le solite attenzioni che bisogna prestare per vivere nella realtà normale, niente di più. E poi, bando ai moralismi: alla fine quale realtà non è aumentata? Non è realtà aumentata la situazione economica raccontata da Renzi? Non era forse realtà aumentata la Cappella Sistina? Non lo erano i polittici gotici? Non è realtà aumentata quella di milioni di fedeli che pregano santi e altre divinità e neppure li vedono sullo schermo, devono immaginarseli? Non è realtà aumentata quella degli integralisti islamici, convinti di trovare settanta vergini in paradiso nel momento in cui si fanno saltare in aria facendo una strage?

A proposito, mi torna in mente la soluzione un tempo proposta da Michelle Houellebecq per sconfiggere gli islamici: bombardiamoli di minigonne. Alternativa: bombardiamoli di Pokemon.

Invece di criticare la moda, ne sarebbe necessaria una versione islamica, al posto dei Pokemon le Uri, potrebbe chiamarsi, non so, Urimon.

Almeno, anziché andare a uccidere in giro in nome di Allah, al massimo ci sparano con gli smarthphone, mi sembra un ottimo affare.

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