Una marea umana attraversa l'America da est a ovest per dire basta alle stragi causate dalle armi da fuoco. Sono soprattutto giovani, ma anche insegnanti e genitori che hanno risposto all'appello lanciato dagli studenti sopravvissuti all'ultima terribile sparatoria in una scuola, quella al liceo di Parkland, in Florida, costata la vita a 17 persone. Al grido di «never again», «mai più», sono scesi in piazza in tutto il mondo (anche a Roma, Milano e Firenze), per la «Marcia per le nostre vite»: 836 proteste, di cui 700 negli Stati Uniti, partite simbolicamente dalla capitale Washington, lungo Pennsylvania Avenue, dove per la Nbc si sarebbe radunata una folla di circa un milione di manifestanti. E altre centinaia di migliaia sono a New York, Los Angeles, San Francisco, Boston, Chicago, Seattle. Eventi preparati da settimane per chiedere alla Casa Bianca e al Congresso una stretta su pistole e fucili. E proprio la Casa Bianca elogia «i numerosi giovani americani coraggiosi che stanno esercitando i diritti garantiti dal primo emendamento».
«Tenere al sicuro i nostri bambini è la massima priorità del presidente, cosa per cui ha sollecitato Capitol Hill ad approvare il rafforzamento dei controlli su chi acquista armi e il provvedimento per fermare la violenza nelle scuole, promulgandoli come leggi», afferma un portavoce. Donald Trump ha giocato d'anticipo, annunciando su Twitter alla vigilia della marcia: «L'amministrazione Obama ha legalizzato i potenziatori. Cattiva idea. Come ho promesso, oggi il dipartimento di Giustizia emetterà la norma che vieta i bump stock. Vieteremo i dispositivi che trasformano armi legali in mitragliatrici illegali». Poco dopo, il ministro della Giustizia, Jeff Sessions, ha confermato che l'amministrazione Usa, attraverso il suo dipartimento, propone la normativa per mettere al bando i potenziatori che consentono di sparare centinaia di colpi al minuto, senza aspettare l'intervento del Congresso.
Intanto, ai quattro angoli del Paese, tantissime celebrità si sono unite ai manifestanti. A partire da George Clooney, che ha donato agli organizzatori 500 mila dollari (stessa cifra promessa da Oprah Winfrey e Steven Spielberg) ed è sceso in strada a Washington con la moglie Amal. «Mi avete reso nuovamente orgoglioso del mio Paese - dice in una lettera agli studenti -. Siamo al 100% con voi, ma entrambi pensiamo fortemente che questa è la vostra marcia, il vostro momento». «Il fatto che nessun adulto parla sul palco a DC è un potente messaggio inviato al mondo: se noi non facciamo qualcosa contro la violenza delle armi allora lo farete voi», continua. Ci sono anche Miley Cyrus, Ariana Grande, Jennifer Hudson, e Demi Lovato, mentre l'ex Beatle Paul McCartney è al corteo di New York: «Uno dei miei migliori amici è stato ucciso da un'arma proprio qui vicino, questo è molto importante per me», spiega ricordando John Lennon, assassinato nel 1980 a Manhattan.
Ma soprattutto ci sono tantissimi studenti, a partire dai sopravvissuti del Marjory Stoneman Douglas High School di Parkland, e tanti genitori, fratelli e amici che hanno perso una persona cara in una delle stragi compiute negli Usa. Come Ilan Alhadeff. Nella sparatoria della Florida è morta la figlia quattordicenne, Alyssa, e lui dice: «Avrebbe voluto questo». Jaclyn Corin, 17enne del liceo di Parkland e una delle organizzatrici, porta sul palco della capitale tutta la sua grinta, assicurando: «Siamo la generazione che renderà l'America sicura». Poi lascia il microfono alla giovanissima nipote di Martin Luther King Jr, Yolanda Renee King, di 9 anni. «Mio nonno aveva un sogno, che i suoi quattro bambini non sarebbero stati giudicati dal colore della pelle - urla -.
Io ho un sogno: ora basta, questo dovrebbe essere un mondo libero dalle armi». E già si pensa alla prossima mobilitazione a livello nazionale, che potrebbe essere il 20 aprile, in coincidenza con il 19° anniversario della strage di Columbine.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.