Roma - Hanno scomodato un po' tutti, hanno deciso che ancora una volta la politica deve sottostare alla magistratura, cercando di far cadere Virginia Raggi sindaca di Roma in tribunale e non dove ne avrebbero ampia facoltà, cioè nell'aula Giulio Cesare del Campidoglio. E hanno scritto, a modo loro, una nuova pagina nella piccola storia della politica, romana, italiana e forse anche europea, visto come si sono messe le cose a Strasburgo.
La storia è questa: ieri sera i giudici della prima sezione civile hanno respinto il ricorso presentato da ambienti vicini al Pd, legati alla senatrice Monica Cirinnà. Il contratto con una penale da 150.000 euro sottoscritto dai consiglieri e dalla sindaca del movimento pentastellato nei mesi scorsi resta valido, sempre secondo i giudici che non entrano nel merito di una scrittura interna al Movimento 5 Stelle. E il contratto tra la Raggi e la Casaleggio&Associati? Ecco, quello «lo dico chiaro, non esiste nessun contratto», non di questo genere, «sarebbe un assurdo il contrario», sostiene su Facebook Davide Casaleggio, il figlio del co-fondatore. Ora la sentenza sembra anche un monito per una mezza dozzina di europarlamentari grillini, assai tentati di lasciare il gruppo del padre fondatore e di Nigel Farage per volare altrove. Loro aspettano la risposta del nuovo presidente del Parlamento europeo, tra Bruxelles e Strasburgo la posta in palio era più alta, 250.000 euro e il Pd ha scelto un'altra strada, politica: un'interrogazione del parlamentare Nicola Danti. Così il soccorso rosso spera di salvare dalla maxi-multa i fuggiaschi Marco Affronte e Marco Zanni ma soprattutto prova a togliere altri tasselli alla creatura di Grillo e Casaleggio. Sostiene Affronte: «In pratica, il giudice non è entrato nel merito del contratto. E in ogni caso siamo tutelati sia dalla Costituzione Italiana che dal Regolamento Europeo, per cui sono tranquillo».
Vero, i giudici non sono entrati nel merito della questione sollevata da un esposto presentato dall'avvocato civilista Venerando Monello. Il legale aveva posto il problema della incostituzionalità del contratto perché in contrasto aperto con le norme vigenti, secondo le quali è l'elettorato a decidere sulla decadenza degli incaricati. Per i giudici aver firmato quel contratto, invece, non è una condizione di ineleggibilità. Pensare che la stessa Raggi aveva depositato una memoria sostenendo che il contratto da lei sottoscritto (ma non dalla sindaca di Torino Chiara Appendino, sua collega di Movimento) era nullo in quanto contrastava con le norme civili. Una presa di distanza, ora allegata alla sentenza, che non era piaciuta al Movimento. Ora l'avvocato dovrà pagare pure 20.000 euro di spese legali. Una bella cifra, un monito: in caso di appello le spese legali raddoppierebbero. Commenta Monello: «Si poteva almeno chiedere alla Corte Costituzionale se il quesito fosse legittimo. Riguarda la libertà di voto, non c'entra se sono orgogliosamente iscritto al Pd. La mia è una battaglia di civiltà, un'idea mia, che solo dopo ha avuto il sostegno della senatrice Cirinnà, che ringrazio. È un'occasione persa per la democrazia. Ora chi festeggia sappia che verrà amministrato da una sindaca con una spada di Damocle sulla testa, un contratto da 150.000 euro».
La storia finisce qui, Virginia Raggi commenta frizzante dal blog di Beppe Grillo: «Tanto rumore per nulla. Dopo la batosta elettorale a Roma, il Pd ne subisce un'altra in Tribunale.
Il giudice non ha accolto la richiesta con la quale i dem cercavano di ribaltare il risultato delle urne che ha visto il Movimento Cinque Stelle vincere». Scomodando anche Shakespeare per servire un pasticcio alla romana.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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