Coronavirus

I giudici stroncano i prof ribelli: "Non vaccinarsi non è un diritto"

Il Tar del Lazio boccia il ricorso dei no pass: "Legittimo sospendere lo stipendio, giusto che si paghino i tamponi". Giannelli (presidi): "Una sentenza esemplare". Anief: "Faremo ricorso"

I giudici stroncano i prof ribelli: "Non vaccinarsi non è un diritto"

È giusto sospendere i docenti che si presentano a scuola senza green pass. Ed è altrettanto giusto che si paghino da soli il tampone, ogni 48 ore, se vogliono insegnare.

Il Tar del Lazio è lapidario e respinge il ricordo presentato dall'associazione nazionale degli insegnanti Anief, che chiedeva di sospendere tutti i provvedimenti presi dal ministero dell'Istruzione e accettare in istituto anche i prof non vaccinati. Niente da fare. «Il diritto del personale scolastico a non vaccinarsi, - spiegano i giudici della terza Sezione bis del Tar del Lazio - in disparte la questione della dubbia configurazione come diritto alla salute, non ha valenza assoluta né può essere inteso come intangibile». Rispetto alla libera scelta della singola persona, si è quindi dato più peso alla salute della comunità e allo svolgimento del servizio scolastico. Il diritto a non vaccinarsi non è assoluto.

Come alternativa alla vaccinazione, i giudici tollerano la presentazione, a giorni alterni, di un tampone rapido ma, chiariscono, deve essere lo stesso prof a pagare di tasca sua per ogni test. La sentenza crea un precedente chiave sul green pass e lascia intuire che stiano per naufragare anche i ricorsi al Tar degli infermieri e del personale sanitario degli ospedali. «Si tratta di una decisione esemplare in quanto riafferma alcuni basilari principi della convivenza democratica» commenta il presidente dell'Associazione nazionale presidi, Antonello Giannelli. Marcello Pacifico, il sindacalista a capo dell'Anief, non si arrende e ne fa una questione di principio: «La partita è aperta - rilancia in difesa dei docenti no vax - - Siamo pronti ad andare in Consiglio di Stato».

La sentenza del Tar, secondo il vicecapogruppo in Senato di Forza Italia Licia Ronzulli «è la conferma di come, se necessario, qualora la percentuale di insegnanti non vaccinati dovesse rimanere eccessivamente alta, anche solo in alcune regioni, è possibile introdurre l'obbligo. Non bisogna infatti perdere di vista le priorità che per quanto riguarda la scuola sono assicurare la sicurezza sanitaria degli studenti in classe e scongiurare il ritorno della fallimentare didattica a distanza».

E in effetti basta fare due conti per capire che danno (sanitario ed economico) crei un prof positivo al Covid. Nel momento in cui un docente risulta infetto, almeno una novantina di famiglie sarebbero costrette alla quarantena fiduciaria. Che consiste in una settimana per chi è vaccinato e in una decina di giorni a casa per chi non è vaccinato. Al netto delle complicanze di salute, non tutti possono lavorare in smart working da casa e perderebbero parecchi giorni di lavoro. Il danno in busta paga, per dieci giorni senza lavorare, ammonterebbe in media a 600-700 euro in base alle stime di Unimpresa. La perdita economica complessiva schiezzerebbe quindi a più di 50mila euro per le tre classi in quarantena. Un po' meno nelle classi in cui i genitori lavorano da remoto a casa. Un problema da non sottovalutare, soprattutto se si calcola che, per mancanza di fondi per il 2021, l'Inps non pagherà la quarantena fiduciaria. Ma i costi ricadranno sulle tasche del datore di lavoro. La speranza è che le restrizioni e la bocciatura del ricorso al Tar spronino a vaccinarsi i 138.435 docenti che ancora non si sono presentati negli hub. Nell'ultimo mese sono stati 80mila quelli che hanno provveduto per poter cominciare a lavorare regolarmente.

«Tutto vero - commenta Massimiliano Sambruna, Cisl Scuola - ma anche se si vaccinano in massa, i professori e il personale scolastico rappresentano solo il 15% di chi frequenta le scuole.

La scuola è fatta in gran parte da studenti e sono loro quelli che possono far circolare più facilmente il virus».

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